Paolo “Squino” De Toffol, un bellunese nella Premier League

La storia di Paolo De Toffol, preparatore dei portieri al Watford di Mazzarri
Paolo De Toffol
Paolo De Toffol

WATFORD. Da quell’incredibile Portogruaro - Belluno al Watford di Mazzarri in Premier League la strada può essere più breve di quel che si possa pensare. Lo stadio Mecchia e Vicarage Road sono accomunati da una persona, il bellunese Paolo "Squino" De Toffol. Allenatore dei portieri ora, ancora prima portiere. Di tante squadre. Compreso ovviamente il Belluno. Per poco, nonostante abbia vissuto la sua giovinezza a due passi dallo stadio Polisportivo («Ricordo il campetto dietro il Polisportivo, altro che il sintetico di adesso: lì c'erano i sassi sintetici. Che botte...»).

De Toffol mentre allena l'ex portiere del Belluno Baù
De Toffol mentre allena l'ex portiere del Belluno Baù

Tanto gli è bastato, comunque, per vivere una delle più belle emozioni provate dai tifosi bellunesi. Facciamo un salto al maggio del 1981 e al pomeriggio di Portogruaro. Vittoria sotto il diluvio 3-2, Pievigina agganciata e conquista dell'Interregionale.

«Un vero e proprio esodo dei tifosi del Belluno, quel giorno. Mi ricordo che avevamo iniziato la partita con il sole, poi è venuto giù il diluvio universale. A fine primo tempo vincevamo 2-0, il Portogruaro pareggiò, prima delle rete decisiva di Fabrizio De Martin. Il mio primo campionato vinto, uno dei pochi».

Che ricordi conservi di quella squadra? I nomi sono importanti: Perinon, Tibolla, Carlo e Danilo Casagrande, Tiziano Schiocchet, Manlio De Cian, Gallio, Bez...

«Tutti miei amici, che purtroppo non vedo da tempo. Livio Gallio, poi, lo ho ritrovato qualche anno fa, quando sono tornato a Belluno nel ruolo di preparatore. Mi piacerebbe una rimpatriata, anzi se qualcuno vuole organizzare...».

Tu però non vivi l'esperienza in Interregionale. C'è il Padova, squadra che tornerà più volte nel corso della tua carriera.

«Prima di Portogruaro andammo a giocare a Cittadella. Pastorello, allora direttore sportivo biancoscudato, venne a vedere la partita. Beh, sai quelle partite dove pari l'impossibile? In pratica avevano ammirato la mia partita dell'anno. Eccomi quindi in quella che poi sarebbe diventata la mia città. Ero titolare, nonostante arrivassi da una Promozione, mentre restava in panchina Claudio Maiani, che la C l'aveva già vissuta a Mestre. Poi però sono iniziati i problemi fisici che purtroppo mi hanno accompagnato per molto tempo. Qui ci sarebbe un altro aneddoto».

Siamo qui per questo.

«Mi mandano in prestito al Monza, serie B. Aveva però una lombosciatalgia che non mi faceva alzare la gamba e in più mi era saltata fuori un'ernia al disco. Durante le visite mediche ho fatto finta di nulla, anche di non sentire il dolore. In ritiro il male però c'era, volevano persino rimandarmi indietro. Poi un giorno mi sveglio e l'ernia che spingeva sul nervo sciatico si era spostata. Dalla quinta, sesta giornata ho giocato titolare. Il direttore generale di quel Monza era Adriano Galliani e il ds Arriedo Braida". Due personaggi che poi nel calcio hanno avuto un ruolo importante. "Il confronto c'era soprattutto con Braida. Mi ha insegnato a stare nel mondo del calcio, talvolta anche in maniera dura. Ma è in queste situazioni che si impara a crescere».

Paolo De Toffol nello staff di Walter Mazzarri al Watford
Paolo De Toffol nello staff di Walter Mazzarri al Watford

Hai altri personaggi così importanti nella tua crescita?

«Tre. Il grande Giovanni Bubacco, Ciso Soldan, tra l'altro allenatore di quel Belluno a Portogruaro, e Adriano Bardin. Quest'ultimo è stato il preparatore dei portieri nello staff di Giovanni Trapattoni per molti anni. In tre momenti diversi della vita - carriera mi hanno insegnato parecchio».

Torniamo al campo. Stagioni non facili.

«Rientro al Padova, ma nell’aprile 1984 mi devono operare. E non con le tecniche moderne, lì rischiavi di non giocare più. Per fortuna non va così, ma all'inizio è dura. Vado alla Spal con Galeone, ma restano momenti delicati, non sai più quello che sei o meno capace di fare. E anche l'anno dopo, ancora a Padova, non va benissimo. Ma a questo punto della mia vita sto bene, quindi capisco che devo andare via».

E arriva una chiamata?

«Mi dicono che ci sia il Monopoli interessato. Con tutto il rispetto, non sapevo neppure dove fosse. Ero sposato e mia moglie lavorava a Padova, avevo una figlia. Però le scelte comode non hanno mai portato da nessuna parte».

Quindi accetti.

«Pensa, ci troviamo alla stazione di Ancona per l'accordo. Loro propongono due anni di contratto, io ne voglio solo uno: esattamente il contrario di ciò che accade oggi. Volevo vedere come andava, l'esperienza era nuova in fondo, ma intanto il ds del Padova Corni mi dava calci sotto il tavolo perché firmassi. Alla fine accordo per un anno. Non so che dire, semplicemente stagioni perfette. Record di imbattibilità: oltre 800 minuti con la porta inviolata, una partita strepitosa a Roma in Coppa Italia».

Paolo De Toffol nello staff di Sannino
Paolo De Toffol nello staff di Sannino

Meglio di quella a Cittadella?

«Assolutamente sì. Ero al top. Poi però la scelta di Catanzaro. Momento giusto ma luogo sbagliato. Pensa che a un certo punto, dalla C1, potevo andare in A per fare il secondo di Mannini a Bari. Non si concretizza, la volta dopo causo un rigore a Catania e resto in panchina. Come cambiano le prospettive in pochi giorni, no?».

Qui, la strada di allenatore, inizia a prendere forma.

«Infatti gioco due stagioni al Baracca Lugo. Poi il Giorgione, dove gioco, ma inizio già a ragionare come preparatore dei portieri, ruolo che inizio a praticare a Cittadella».

Sei nello staff del Treviso l'anno della storica serie A.

«Esatto, e nella massima serie ritornerò con il Cagliari, dopo essere passato anche a Trieste. Solo che lì veniamo esonerati in estate assieme a mister Donadoni e al suo vice Luca Gotti. Ancora adesso proprio non riesco a capire il motivo».

Dalla A alla D. Da Cagliari al ritorno in quel di Belluno.

«Purtroppo era venuto a mancare Danilo De Giuliani. Così l'ex presidente Barzon parla con mio fratello. Sono andato a parlare nello studio di Carbonari, volevo tornare sul campo ed ho accettato. I due portieri erano Baù e D'Antimo. Mi sono divertito, abbiamo lavorato bene».

«Walter ti lascia lavorare, non è un mister che tarpa le ali»
Paolo De Toffol con il portiere Heurelho Gomes

Ti hanno proposto di restare a fine campionato?

«Sì, anche con incarichi importanti. Ma non era il momento giusto, volevo tornare nel professionismo. Ma ancora adesso dico grazie a tutto il Belluno per la fiducia concessami».

Padova e Chievo. Due esperienze molto veloci.

«Mi aveva voluto il ds Fabrizio Salvatori, a Padova. Un anno difficile sotto tutti i punti di vista, ma siamo arrivati alla fine. Con mister Fulvio Pea proprio non mi trovavo, invece ho avuto un buon rapporto con Franco Colomba. Al Chievo invece purtroppo i risultati, assieme a mister Sannino, non arrivano e a novembre veniamo esonerati».

Sannino a dicembre 2013 viene contatto da Watford.

«E una sera mi chiama, chiedendomi se lo volevo seguire. Vado a parlare, l'esperienza intrigava, accetto. Mi son reso conto subito di essere arrivato in un club di livello di alto livello. Erano tredicesimi in Championship, la B inglese, che poi è anche il campionato più difficile al mondo. Allenavo pure l'ex portiere dell'Arsenal, Almunia: gran professionista. Per poco non andiamo ai playoff».

Sannino molla ad agosto, tu invece resti.

«Bisognava capire in fretta dove eravamo e forse Sannino pretendeva di portare l'italianità qui, dove la mentalità inglese è molto forte. C'è stata qualche sana discussione, da persone vere, però alla fine ho detto chiaro e tondo a Sannino che se lui fosse rimasto sarei andato via. Quando si è dimesso, ho parlato con il proprietario Gino Pozzo: voleva fortemente restassi. Ho accetto orgoglioso, nel 2014 - 2015 abbiamo centrato la Premier League. Ricordo ancora le 50 mila persone al parco di Watford. Però sai una cosa? Che alla fine, la gioia di quel pomeriggio a Portogruaro, è uguale ad una promozione in Premier. Cambia il numero di persone che coinvolgi, ma le soddisfazioni sono le stesse indipendentemente dalla categoria».

Per chiudere, una curiosità: come mai sia tu che tuo fratello Roberto, grande bomber nel calcio a 5, siete soprannominati "Squino"?

«Mah, Squino ce lo portiamo dietro da quando siamo piccoli, ma non ha un significato particolare».

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