Dalle volpi in strada ai cervi in pieno centro, Belluno: gli animali selvatici sono tra noi

Il processo di rinaturalizzazione del Bellunese è iniziato dopo le guerre: uomini e animali cercano un nuovo equilibrio per convivere
Volpe sotto la Marmolada, Daniele Brancaleone per "Belluno&Dolomiti"
Volpe sotto la Marmolada, Daniele Brancaleone per "Belluno&Dolomiti"

BELLUNO. E adesso manca solo che la mucca voli. Che gli stambecchi, per non essere da meno dei cervi, scendano a fare shopping in Corso Italia a Cortina. Che i lupi banchettino nella baita di Leandro Grones, sopra Arabba. Che le volpi tornino a far la spesa in piazza delle Erbe a Belluno e che nel vicino parco Città di Bologna i caprioli si divertano sugli scivoli.

La provincia di Belluno è diventata una riserva, anzi un parco. No, meglio ancora, uno zoo. A cominciare da quella mucca di Morbiach che, inselvatichitasi, s’è rifiutata, un mese fa, di salire sul camion che l’avrebbe portata a valle dal pascolo in quota; ha rincorso l’automezzo e ha trovato sistemazione nelle vicinanze del borgo, abbeverandosi alla fontana. Un po’ tutti le fanno la posta; lei, furbissima, “prende il volo”; scende fino sull’Agordina e passeggia tranquillamente.

E se qualcuno cerca di catturarla, la signora mucca fa uno screanzato “gesto dell’ombrello” e riscappa. Dove? Sui versanti degli schianti, dove sa che nessuno la può raggiungere.



Un problema? Certo che sì, per la sicurezza, come ben sanno il sindaco Mauro Soppelsa, la Provincia, le sue guardie e il veterinario. Un malaugurato incidente in strada sarebbe… un macello. Ma così è se vi pare.

La rinaturalizzazione delle Dolomiti, dopo le grandi distruzioni delle guerre, è oggettivamente un valore aggiunto. La biodiversità è sacra, a sentire gli stessi pronunciamenti pontifici. In piazza delle Erbe, a Belluno, in molti ricordano quella volpe che entrò in un negozio di frutta e verdura con la lista della spesa. Volpi e tassi si affacciano ogni inverno sui giardini di piazza dei Martiri, mentre i caprioli si divertono tra i giochi del parco Città di Bologna.



Per Franco De Bon, sindaco di San Vito di Cadore e assessore provinciale alla fauna, queste sono ormai scene di vita ordinaria, oltre che quotidiana. «A Cortina – ricorda De Bon – ci sono caprioli e cervi che si arrampicano sugli alberi lungo le strade della cittadina perché affamati, quando non addirittura si nutrono dei gerani delle finestre degli alberghi».

L’altra sera, al Taulà del Bos di Cibiana, i carabinieri forestali hanno raccolto una sessantina di residenti interessati a capire come devono convivere con i lupi. Un’intera famiglia.



La lupa – hanno raccontato i forestali – si è nutrita, in questi anni, soprattutto di asini; sono il suo piatto preferito. Quindi? «Quindi ci è stato raccomandato – riferisce Mauro Pupulin, consigliere comunale – di mettere in sicurezza i cinque asini che abbiamo in paese». Uno di questi lo alleva l’ex sindaco Luciana Furlanis. Quando si va in bosco – è stata la prima raccomandazione – è opportuno portare in tasca un fischietto.

Ma sulla strada del passo Cibiana, ogni sera gli automobilisti devono prestare la massima attenzione perché c’è una popolazione di cervi e caprioli pronta a saltare il guard rail. A poche decine di metri dai rifugi del passo, la stessa strada era stata calpestata due anni fa dall’orso. Sui ghiaioni del Monte Rite trovano casa stambecchi e camosci che, però, non scendono a valle.

Gli stambecchi sono stati riportati sulle Dolomiti della Val Boite da un cugino del sindaco De Bon; piazzati a Forcella Grande, da lì non si muovono. Lungo il Boite sono comparsi gli aironi cenerini.

«Probabilmente volano dal lago di Santa Croce dove manca in parte l’acqua che vanno a cercare lungo i torrenti di montagna – spiega Paolo Casagrande, allevatore in Alpago –. Anche quassù a Chies, infatti, mi capita spesso di vedere questi uccelli in riva a qualche corso d’acqua».



De Bon, che per trent’anni ha fatto l’agente della polizia provinciale, racconta che le due Guerre Mondiali hanno desertificato le alte quote, dove poi è avanzato il bosco e i grandi ungulati sono stati costretti ad emigrare. Si sono estinti gli stambecchi e anche quasi tutti i cervi ma con l’avanzare delle foreste, e grazie pure ad una saggia gestione faunistica, questi animali sono ricomparsi.

Oggi è assodata anche la presenza di sciacalli dorati, gatti selvatici, perfino linci. Ci sono specie in forte espansione, come i cervi, per le quali viene spesso richiesto un maggiore controllo.

«Di cervi in Cansiglio ce n’erano fino a 3 mila, qualche anno fa. Adesso forse sono meno di un migliaio – rileva Elena Piutti di Veneto Agricoltura –. In tanti casi sono stati proprio i lupi a provvedere all’equilibrio naturale».



La Provincia dispone di una squadra di agenti molto esperta che va al recupero anche degli animali selvatici quando vengono segnalati in difficoltà, come nel caso dei due cervi a Cortina.

«Il soccorso è necessario ma – precisa De Bon – non possiamo rincorrere tutti gli animali incidentati perché dobbiamo appunto lasciare spazio all’equilibrio naturale che le specie devono garantire tra loro stesse».

D’accordo l’equilibrio naturale ma talvolta – obbietta il sindaco di Livinallongo, Leandro Grones – il controllo, se così vogliamo chiamarlo, è indispensabile. Racconta Grones che nei giorni scorsi è stato in baita a Pian Boè e per tre giorni di seguito si è trovato con un branco di lupi a cento metri di distanza.

«I lupi mi guardavano e io facevo altrettanto. Quando non mi vedevano, si avvicinavano tranquilli per qualche metro, quasi volessero familiarizzare. Sono rimasti sul posto almeno mezz’ora».

Scendendo a valle, Grones si è poi trovato uno di questi lupi a poche decine di metri dal suo albergo, in centro ad Arabba. Nell’Alto Agordino, con aree di bosco ormai desertificate, i selvatici dovranno cambiare frequentazioni ed eccoli, infatti, avvicinarsi ai paesi. Ciò che, peraltro, i cinghiali già fanno a Borgo Valbelluna, scendendo dalle Prealpi. —


 

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