Kratter allena i talenti della Svizzera

Snowboard. Il 32enne sappadino è già in ghiacciaio con gli atleti. Mentre il fratello Filippo è nello staff degli azzurri
Di Ilario Tancon

In questi giorni Giacomo Kratter è in ghiacciaio a Saas Fee. Quello di questa settimana nella celebre località turistica del Canton Vallese è uno dei tanti raduni estivi su neve che sta guidando dallo scorso maggio.

Sì, perché da un paio di mesi “Jack” allena la Svizzera, nazione di riferimento dello snowboard mondiale: è coach half pipe pro e challenger (come in Italia squadra A e squadra B), ma lavora anche per il pro e challenger team slopestyle. Il passaggio con i rossocrociati è avvenuto al termine dell’ultima stagione agonistica e dopo alcune annate che il funambolo sappadino ha passato ad allenare gli azzurri.

Nello staff azzurro, intanto, nelle settimane scorse è entrato il fratello Filippo, come allenatore della squadra A di slopestyle, allasua prima esperienza da tecnico.

«Gli svizzeri mi hanno fatto questa offerta e rifiutare non mi pareva proprio il caso», esordisce il trentaduenne di Sappada, una carriera da stella di prima grandezza nel mondo della tavola: tra le altre cose, un quarto posto alle Olimpiadi di Salt Lake City 2002 e la soddisfazione di essere stato il primo snowboarder a chiudere un Fs1260 e un Back to back 1080 in pipe.

«Ho accettato con entusiasmo, sia per motivi economici, sia per motivi tecnici - dice ancora Giacomo - a livello lavorativo credo che questo sia un salto di qualità notevole. Nello snowboard la Svizzera è la nazione meglio strutturata in Europa e una delle nazioni più importanti al mondo. Ho la possibilità di lavorare al meglio. Solo per fare un esempio: Saas Fee è la nostra base per la preparazione per tutta l’estate e fino a ottobre. Facciamo, sostanzialmente, una settimana qui e una a casa, anche in base alle condizioni meteo e del ghiacciaio. E ho anche l’opportunità di progettare, creare. E crescere professionalmente. Devo, tra le altre cose, allenare il campione olimpico di Sochi, Jurij Podladikov. Non è poco, non credete»?

Come è stato il primo approccio con gli svizzeri?

«Buono. Si sono dimostrati tutti molto disponibili. E poi con più di qualcuno, come ad esempio con lo stesso Podladikov, ci conosciamo da tempo».

E per comunicare?

«Si parla in inglese».

E dello snowboard italiano cosa pensi.

«Sono stato nello staff tecnico della nazionale dal 2010 all’ultima stagione. Credo di aver fatto un buon lavoro e aver lasciato i ragazzi mi è dispiaciuto parecchio perché si era creato un bel gruppo, con rapporti interpersonali ottimi. Ma in Italia, purtroppo, lo snowboard è poco considerato. Nel resto del mondo ha potenzialità commerciali che da noi non vengono sfruttate. E, per quanto riguarda gli aspetti specificamene tecnici, manca un’attività ben strutturata da parte di club e comitati».

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