Ivo Andrich, 1500 gare tra corsa e fondo

A quasi 70 anni non è stufo di fare fatica. È stato uno dei pochi ad aver disputato tutte e 44 le edizioni della Marcialonga
Roccapietore, 10 febbraio 2008. Grand Prix Lattebusche
Roccapietore, 10 febbraio 2008. Grand Prix Lattebusche

AGORDO. Oltre mille gare a piedi, quasi cinquecento sugli sci. E mai un ritiro. Questo, in sintesi, è Ivo Andrich, faticatore agordino con la passione per la montagna e la neve. Un'icona dello sport bellunese e non solo questo vigile del fuoco classe 1949 che a fine gennaio, ecco uno dei suo tanti record, ha portato a termine la sua 44ª Marcialonga su 44 edizioni. È uno dei senatori della granfondo trentina, vale a dire uno dei partecipanti (sono rimasti in dieci) che dal 1971 ha sempre tagliato il traguardo di Cavalese.

«Una volta la Marcialonga era più adatta a me, non solo per l'età ma anche perché si faceva il passo alternato, quello vero. Ora si va solo di spinta braccia, senza sciolinare. In ogni caso è un appuntamento irrinunciabile».

Quest'anno è arrivato primo nella speciale classifica dei senatori.

«Nelle 44 edizioni, sono arrivato primo dieci volte. Ma il plurivittorioso è il mio amico zoldano Costantino Costantin, primo senatori per ben 24 volte. E guida la "classifica generale" proprio davanti a me».

Quale il miglior piazzamento assoluto?

«Trentunesimo nel 1980».

Costantin e Andrich, inossidabili “senatori”
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Come ha visto cambiare la Marcialonga in questi anni?

«È cambiata come è cambiato lo sci di fondo: materiale più leggeri e più performanti, così come l'abbigliamento. Ciò che non è cambiato è l'organizzazione: sono sempre strepitosi. In questi ultimi anni la pista, realizzata nonostante la scarsità di neve, è addirittura migliorata. Ecco, una volta forse la Marcialonga era più festosa al passaggio nei paesi: oggi l'entusiasmo di un tempo è venuto un po' meno».

Marcialonga ma non solo.

«Non ho fatto tante altre granfondo oltre a quella trentina. Ho partecipato una volta alla Dobbiaco-Cortina e una alla Pustertaler ski marathon. E, nel 1975, alla Vasaloppet: è una gara bellissima anche se per me il finale è stato da incubo: avevo saltato qualche rifornimento e negli ultimi chilometri ballavo a destra e sinistra dei binari da quanto ero cotto».

Come è nata la passione per lo sci?

«Ho iniziato con qualche gara ai Campionati studenteschi, quando facevo le professionali. Mi sono poi tesserato con lo Sci club Gosaldo e quasi per caso iscritto alla Marcialonga. Da lì, non mi sono più fermato. A sciare e correre in maniera seria ho cominciato comunque solo dopo il servizio militare».

È stato protagonista a tante gare zonali e a tanti campionati italiani, con la tuta del Gruppo sportivo dei Vigili del fuoco "De Vecchi" di Belluno.

«Nei Vigili sono diventato effettivo nel 1973 e ho lavorato fino al 2003, anno della pensione. Non ho mai fatto il professionista della sport: quando andavo alle gare utilizzavo le ferie o i permessi. Nello sci di fondo, sono stati anni formidabili con i Vigili. Le staffette dei Campionati italiani in particolare. La prima frazione, il "lancio", era affidata sempre a un certo ... Maurilio De Zolt. Io facevo l'ultima frazione. Naturalmente, dopo essere stati in testa con Maurilio venivamo superati dai corpi militari ma qualche volta siamo riusciti a battere la Polizia, che non era forte come oggi».

La sua attività sportiva è legata allo sci di fondo, ma anche alla corsa in montagna.

«Sì, la corsa, e la corsa in montagna in particolare, è l'altra mia grande passione. Con i Vigili del Fuoco ho vinto delle belle staffette nella corsa in montagna. E con De Zolt ho vinto la Transcivetta nel 1976. Un'altra edizione della Transcivetta la ho vinta nel 1978, insieme a Giulio Pavei. Ne ho fatte più di trenta di Transcivetta: gara bellissima».

Lei ha anche "rischiato" di partecipare ai Mondiali di corsa in montagna.

«Sì, nei primi anni Ottanta, in occasione dei primi Mondiali, allora si chiamavano Coppa del Mondo, che si disputava a San Vigilio di Marebbe. Arrivai vicino alla convocazione ma non fui convocato. Il giorno della gara avvenne un episodio che fu una beffa: andai a vedere l'evento come spettatore e i responsabili della federazione mi dissero che se fossi arrivato un po' prima mi avrebbero fatto partire: incredibile».

In ogni caso le sue belle soddisfazioni se le è tolte.

«Sì. Tra le tante, mi piace ricordare la conquista del titolo Master 65 ai Mondiali di Telfes, Austria, nel 2015».

Abbiamo parlato dei Vigili. Ma lei è stato protagonista anche nelle gare dei Campionati italiani dell'Associazione nazionale Alpini.

«Ne ho fatte parecchie di gare con la sezione Ana di Belluno, sugli sci (l'ultima in ordine di tempo l'82. Campionato italiano, il 12 febbraio, bronzo nella categoria B3) e nella corsa in montagna. Ai tricolori di corsa in montagna sono arrivato tre volte secondo assoluto, ora lotto solo per i piazzamenti di categoria».

Non l'abbiamo mai vista negli ordini d'arrivo delle maratone.

«La maratona non mi ha mai attirato. Non ho e non avrei la costanza che ci vuole per prepararsi per tanti chilometri sull'asfalto».

E in pista?

«Ho naturalmente partecipato diverse volte alla 24 ore di San Martino: negli anni Ottanta sono arrivato a una ventina di metri dai 18 chilometri».

Meglio la corsa in montagna o meglio lo sci di fondo?

«Come soddisfazioni me ne ha date di più la corsa in montagna: lì devi sempre menare, non ti riposi mai. Nello sci, invece, in discesa puoi tirare il fiato e divertirti per qualche attimo».

Ha tenuto il conto dei chilometri percorsi?

«No, quello no. Però ho tenuto il conto delle gare disputate: più di mille a piedi, oltre 470 sugli sci. E una cosa della quale vado fiero è questa: non mi sono mai ritirato. Arrivato ultimo sì ma ritirato mai».

Perché corre? Perché scia?

«Fare fatica per me è qualcosa di spontaneo. Qualcosa che mi fa stare bene. Cerco di uscire tutti i giorni: se non corro o scio sto male».

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