Il sogno dello “zar”: «Ho ancora due promozioni da prendermi»

SEDICO
Parola allo Zar. Si diverte ancora in campo Manuel Zanvettor, nonostante in questa stagione abbia visto poco il rettangolo di gioco a causa di qualche acciacco fisico. È ritornato in estate al Fiori Barp, lì dove da piccolino aveva mosso i primi passi su un campo da calcio. Un bel percorso, con scudetti giovanili e le opportunità da professionista a Castel di Sangro e Varese. Poi di nuovo in Veneto, tra Cornuda, Ardita Moriago e soprattutto Feltrese e San Giorgio Sedico. Sino ai quattro, fantastici anni a Sedico nel calcio a 5.
Zanve, o meglio “Zar”. Si è chiuso un cerchio con il ritorno a Mas.
«D’altronde... ho ancora due promozioni da conquistare. Avevo detto che con il Sedico calcio a 5 sarei salito dalla C2 alla A. Mi sono fermato alla B, poi è finita come è finita. Dunque mi restano un paio di bonus a disposizione. Non nego il sogno di portare il Fiori Barp almeno in Promozione. Qui sono a casa in tutti i sensi, abito a 200 metri dal campo».
Se la stagione fosse proseguita, difficilmente vi sarebbero sfuggiti i playoff. E da lì, nessun obiettivo sarebbe stato precluso.
«Concordo, e anche la lotta per la vetta non era affatto conclusa. Peccato».
Restiamo sulla tua storia recente. Sei uno dei pochi giocatori che non ha sofferto il passaggio dal calcio a 11 al calcio a 5. Anzi, se il Sedico è salito dalla C2 alla serie B, di meriti ne hai eccome. Ma come era nata quell’opportunità?
«Con il mio compare Tiziano Vigne ed un altro paio di amici a suo tempo fondammo il Mas. Poco dopo però restammo solo noi due. Trascorse alcune stagioni tra l’altro positive, eravamo rimasti con un buon gruppo di giocatori ma senza dirigenti. Dovevamo gettare le basi della fusione con il Bribano e così avvenne. Ecco il Sedico calcio a 5. Nel primo anno di C2 della nuova società io giocavo ancora a 11 nel San Giorgio Sedico, poi ho deciso di cambiare. L’impatto iniziale? Quasi 50 gol segnati e playoff mancati di un soffio. Ma le basi c’erano, eccome».
E allora non vi fermò più nessuno...
«Promozione in C1, dopo un’estate con gli acquisti di Robson, Dalla Valle, Doro, De Bortol, Vedana e così via. Per affrontare il massimo campionato regionale la società portò due ragazzi brasiliani, allora poco conosciuti: Leonardo Storti e Christian Dos Santos. Quest’ultimo? Era immarcabile, da quando potè entrare, una volta risolti i problemi burocratici, non ce ne fu per nessun avversario. Ai playoff eliminammo i vicentini del Rossano, i toscani della Lastrigiana e i piemontesi di Isola d’Asti. Peccato per la finale playoff persa con l’Ascoli, in cui non giocai il ritorno per un’ammonizione in gara 1 assai rivedibile. Per fortuna in estate arrivò il ripescaggio».
In B avete raggiunto le semifinali playoff, ma per te le soddisfazioni non sono state molte.
«Dopo tre anni e un centinaio di gol, non vedevo mai il campo con Ermanno Forato, subentrato in estate a De Francesch. Ma era una sua costante anche con altri ragazzi. Giocavano sempre gli stessi sei di movimento e infatti, ogni volta, subivamo la sconfitta in rimonta negli ultimi minuti. Con il ritorno di “Cice” le stagione è svoltata anche se io, per assurdo, ho visto ancor meno il campo. La fine della mia avventura era scontata».
E ti è dispiaciuto?
«Sì. Preciso, i rapporti sono sempre buoni. Però mai come a Sedico davo una mano anche logisticamente, mi ero appassionato davvero. Il portare la squadra in A non era una battuta. Alle prime difficoltà personali però trovai ascolto. Volendo ancora giocare, ho cercato un posto nel quale ritrovare i valori a cui tengo di più».
Il Fiori Barp...
«Esatto. Lo stesso club in cui toccai per la prima volta il pallone. Poi andai alla Feltrese ancora da Pulcino, sino al trasferimento a Bassano assieme a Paolo Tormen, Marco Ciasullo, Saverio Trizio. Ad un certo punto ci accompagnava lì Roberto Pavan, che allenava. In giallorosso ho vinto lo scudetto Giovanissimi dilettanti, poi sono andato a Reggio Emilia a disputare la categoria Allievi. Bellissima esperienza, come la Primavera a Venezia e il debutto nel campionato di serie D da titolare a Conegliano. Prima squadra e Juniores, con cui sono diventato anche qui campione d’Italia, assieme al mio amico Enrico Barp».
Sino al ritorno a Bassano.
«Fu la stagione dopo la mancata promozione, sfumata nella sfida del Polisportivo col Belluno. Allenava Luca Gotti, ora all’Udinese, che tra l’altro venne esonerato. In mezzo al campo Daniele Pasa».
Che effetto fa vedere un tuo ex allenatore in A?
«Non era un tecnico di quelli abituati a trasmettere grinta, ma preparava le partite in maniera accurata. Una persona molto intelligente».
Il professionismo ha bussato anche alla tua porta.
«Esatto. Ma non andò bene. A Castel di Sangro e a Varese. In Abruzzo venni tradito dal dover mettere un mese di gesso, mentre in Lombardia l’allenatore mi disse che non gli servivo dopo un’amichevole. A quel punto tornai a casa, respirando l’aria di calcio che più mi piaceva. Sono andato a Cornuda, dove c’era pure Marco Giazzon. Anni belli, seguiti dai campionati con Feltrese e San Giorgio».
E vincesti la Promozione.
«Ci andammo già vicini da subito, con il primo posto scivolato via nelle ultime giornate. Ci siamo rifatti l’anno dopo, ottenendo campionato e coppa». Ora tocca al Fiori Barp. Parola dello “Zar” . —
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