Giovanni Peterle, un top mondiale a Pellegai: è stato il primo a fare il quadruplo coi pattini

Il 25enne di Borgo Valbelluna si è costruito da solo il Peterland, un campo di salti dove si allena e in cui ospita anche una scuola di freestyle «Ho quasi 150 mila follower sui social e racconto su Youtube le mie esperienze»

Jacopo Dal Pont
Una evoluzione di Giovanni Peterle
Una evoluzione di Giovanni Peterle

Passeggiando per Pellegai, qualche chilometro sopra a Mel, può capitare di imbattersi in uno scenario particolare: un’intera collina scavata per lasciare spazio ad una delle rampe più grandi del mondo.

Quella collina è il luogo dove si è fatto un pezzo di storia degli sport estremi. Lo scorso 27 agosto, infatti, Giovanni Peterle, 25 anni, è stato il primo al mondo a completare un quadruplo salto mortale (quad-flip) sui pattini a rotelle, nonché la quarta persona nella storia del freestyle a riuscirci, indipendentemente dal mezzo.

È stato lui ad aver scavato quella collina dietro casa sua ed è stato lui a creare con le sue forze un campo, il Peterland, dove allenarsi insieme ad amici, colleghi e i ragazzi della sua scuola di freestyle.

Giovanni Peterle
Giovanni Peterle

Chi è Giovanni Peterle?

«Sono un ragazzo di Pellegai con la passione per gli sport estremi. Mi interessano i salti e le evoluzioni. Per fortuna questo è anche ciò che faccio per vivere. Collaboro con aziende, faccio spettacoli, sono attivo sui social e di recente ho aperto anche la mia scuola di freestyle. Più che un lavoro vivo di una passione, e questo è ciò che voglio trasmettere ai più giovani. Non mi interessa insegnare loro a fare salti mortali, ciò che mi sta a cuore è che imparino i valori di questo sport, come perseveranza, passione e impegno».

Cos’ha di particolare il mondo del freestyle?

«Sono discipline che possono veramente stimolare mente e corpo, in maniera diversa rispetto ad altri sport. Richiedono un’energia mentale e una concentrazione davvero particolari. Bisogna affrontare le proprie paure, mettersi in gioco ed accettare il rischio. Sono cose, queste, che poi rimangono per tutta la vita. Per arrivare dove sono ora ho fatto tutto il possibile, compiendo molti sacrifici. Delle volte ho l’impressione che i giovani vogliano tutto e subito, e quando incontrano qualcuno di più forte o preparato tendano a mollare. Io voglio invece che i ragazzi della mia scuola non si dimentichino di vivere le cose, che si divertano e le apprezzino sul serio».

Riguardo al trick, com’è nata l’idea di voler fare quattro salti mortali sui pattini?

«Sin da piccolo giravo nello skatepark locale. Finita la scuola, poi, mi sono messo in testa di voler fare qualcosa di mio. Non mi interessava seguire il classico percorso da atleta e andare solo a fare competizioni. Ispirandomi a Travis Pastrana (leggenda del freestyle in motocross, ndr) è nato in me questo sogno del quad-flip».

Da quando è nata l’idea alla sua realizzazione quanto tempo è passato?

«Non ricordo nemmeno se era il 2018 o il 2019. Ho iniziato a saltare su delle rampe che mi aveva regalato lo skatepark locale. Negli anni, poi, ho alzato sempre di più le strutture. Il problema principale era trovare i soldi per finanziare questo mio progetto. Ho venduto la moto che i miei genitori mi avevano regalato per potermi comprare i primi pannelli, tubi e impalcature. Ho liquidato un’assicurazione e con i soldi racimolati ho iniziato a costruire la rampa più grande. Tutto ciò che avevo l’ho messo nel progetto. Ho lavorato per un periodo come pizzaiolo a Belluno e anche in diverse fabbriche, sempre per finanziare il mio sogno. Ho passato tre anni a mangiare pasta al ragù perché era l’unico piatto gratuito in mensa a lavoro, e quando volevo variare mangiavo del riso al ragù. Negli ultimi quattro anni non mi sono mai comprato nemmeno un paio di scarpe e penso di essere uscito due volte con degli amici per mangiare una pizza».

Questo periodo fin quando è durato?

«Di recente mi sono licenziato, ho iniziato ad esibirmi in giro e mi sono fatto il mio nome. Fortunatamente le cosa stanno andando bene e alla fine sono riuscito a realizzare il mio sogno».

Ci sono stati degli imprevisti durante il percorso?

«In sport come questi l’infortunio è dietro l’angolo. Ce ne sono stati molti in questi anni, comprese alcune operazioni, e delle volte mi hanno buttato giù. Ho sempre cercato però di rialzarmi e restare positivo, allenandomi e puntando alla meta».

Quanto rischio c’è nel compiere un’acrobazia del genere?

«È parecchio pericoloso. Nonostante la mia esperienza la paura gioca sempre un ruolo centrale. Per come si stavano mettendo le cose il mese prima di riuscire a chiudere il trick stavo pensando di scrivere il mio testamento, in modo da averlo già pronto in caso fosse andato male qualcosa. Non l’ho fatto solo per scaramanzia».

Dev’essere dura anche dal punto di vista mentale…

«In realtà, per come la penso io, più fai e più hai voglia di fare. Con tutto il lavoro e i sacrifici che ho fatto per poter fare questa acrobazia non potevo permettermi di essere fermato dalla paura. La mia forza di volontà è stata più forte».

Chi ti ha aiutato nel raggiungere questo obiettivo?

«Non ho mai avuto il supporto di sponsor o squadre. Per le rampe ho fatto tutto io, dal disegnare al contattare i fornitori. Mi ha dato una grossa mano la mia famiglia, soprattutto mia mamma e mio nonno, oltre ai miei amici».

È stato qualcuno in famiglia a trasmetterti la passione per gli sport estremi?

«È una cosa nata abbastanza di testa mia. Forse in famiglia è mio nonno Angelo il più spericolato. Nemmeno mio papà scherza: anche se è in carrozzina e una volta si è buttato dal Serva con il parapendio».

Raccontavi anche di fare spettacoli…

«Esattamente. Faccio parte del team Master of Dirt e portiamo la disciplina in giro per il mondo. Attualmente il nostro è uno dei due show più grossi al mondo nel settore, con tanto di bici, motocross, monopattini e tanto altro. Collaboriamo con i migliori atleti al mondo della disciplina, del calibro di Edgar Torronteras (altra leggenda del freestyle, ndr). L’unica pecca è che devo sempre spostarmi all’estero per questi spettacoli. Purtroppo in Italia siamo riusciti ad organizzare un paio di date, a Misano con la MotoGp e al Forum di Assago. Adesso si è appena concluso il nostro tour. Riprenderemo in primavera».

Riguardo alla tua scuola invece?

«Ci sono moltissimi ragazzi, alcuni che vengono regolarmente e altri una volta ogni tanto, anche perché molti vivono distante, anche all’estero. L’età va dagli otto anni fino ai venti, più o meno».

Sei molto attivo anche sui social…

«Ho quasi 150 mila follower su Instagram e di recente ho aperto un canale su Youtube. Quest’ultimo è al momento il mio impegno più grande. Sinceramente non pensavo richiedesse così tanta fatica eppure è così. Ho aperto il canale perché sentivo che un video di dieci secondi non dicesse abbastanza. Uso Youtube per poter raccontare meglio le mie storie e me stesso, ed avere al tempo stesso anche dei ricordi».

Prossimi obiettivi, invece?

«Ce ne sarebbero tanti. Potrei dire che voglio fare quell’evoluzione lì, o collaborare con un certo atleta, diventare il più forte del mondo nel mio campo o aprire un’azienda che produce trampolini e rampe. In realtà un sogno sarebbe quello di continuare a fare quello che faccio. È vero, adesso ho raggiunto il traguardo che inseguo da tanti anni, ma in realtà il mio obiettivo l’avevo raggiunto tempo prima di completare il trick. Voglio semplicemente continuare ad esprimere le mie idee tramite quello che faccio e a circondarmi di persone che mi ispirano e mi rendono migliore».

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