Daniele Bellotto e quel gol dopo 7 secondi

È del lamonese il record della rete più veloce nei campionati professionistici italiani
TREVISO 5-12-2004 TREVISO-CATANIA IN FOTO BELLOTTO treviso-catania
TREVISO 5-12-2004 TREVISO-CATANIA IN FOTO BELLOTTO treviso-catania
FELTRE. Da bambino hai un sogno, mentre rincorri quel pallone che scandisce il tuo tempo dall’affacciarsi del giorno alla vertigine della notte: vorresti diventare un calciatore e segnare un gol decisivo, magari in un derby, con tutto lo stadio che grida il tuo nome. Daniele Bellotto questo sogno l’ha realizzato: ha giocato, vinto e segnato, conoscendo volti noti del mondo del calcio. La sua storia la racconta a cuore aperto, con dei ricordi che porterà sempre con sé.


Dove è iniziata la tua carriera da calciatore?


«Ho iniziato a giocare quando avevo sei anni, nei pulcini della Lamonese. La passione era tanta: ricordo che quando non c’era allenamento mi trovavo comunque insieme agli altri ragazzi per le strade del paese, vicino la chiesa. Fino ai 13 anni sono rimasto a Lamon, ma nell’anno dei Giovanissimi mi ha cercato la Feltrese, perché ero uno dei più bravi della mia squadra. Giocavo come interno di centrocampo. Ho fatto un anno in questa categoria, prima di passare agli Allievi della Feltrese, dove giocavo anche con l’under 19 e alla fine sono passato in prima squadra, con la quale ho esordito in Promozione grazie ad Ivano Pegoraro, un allenatore che per me è stato fondamentale, soprattutto dal punto di vista umano: mi ha fatto crescere, insegnandomi tanto, perché nel sottoscritto aveva visto delle qualità».


Nella sua prima stagione avevi segnato tre gol...


«Avevo 16 anni e ricordo che quell’anno eravamo retrocessi, nonostante fossimo una bella squadra. L’anno successivo ero poi partito da titolare in prima categoria, segnando in totale dieci gol, che mi erano valsi un provino il Careni Pievigina: dopo un’amichevole contro l’Hellas Verona, mi aveva subito ingaggiato per la serie D. Poi sono passato al Giorgione in serie C2, una bella esperienza assieme a mister Dino D’Alessi, lo stesso allenatore che avevo alla Pievigina».


Quali sono stati gli allenatori migliori?


«Il primo è stato senza dubbio Dino D’Alessi, che aveva anche giocato in serie A con l’Udinese. Non lo dimenticherò mai: è stato quello che mi spronava a far bene, mi diceva sempre che si rivedeva in me. Mi avrebbe portato con lui nelle squadre che avrebbe allenato, magari anche in serie A, però, purtroppo, non è andata come volevamo. Un altro grande allenatore è stato Zdenek Zeman, che ho conosciuto ai tempi della Salernitana, nella stagione 2001-2002: è un tipo particolare che non parla molto, ma quando lo fa ti secca parecchio. Se ha qualcosa da dirti in positivo te lo dice, mentre per le cose negative ti massacra. È comunque una persona corretta e da quel punto di vista è da apprezzare. Ricordo il discorso che aveva fatto al primo allenamento a Salerno: “Voi non dovete preoccuparvi di stipendi, dei tifosi o altro. Io garantisco per voi: se c’è qualche problema mi assumo la colpa io. Voi dovete pensare solo a giocare e basta”».


«Ho avuto anche Luigi Del Neri», prosegue Bellotto, «un tipo tosto: ti fa lavorare tanto, ma a livello tecnico-tattico mi ha insegnato parecchie cose. Con lui ho avuto un bel rapporto. Ricordo che voleva portarmi al Chievo Verona, che era primo in serie B durante gli anni in cui mi trovavo a Pistoia. Con un po’di fortuna avrei potuto giocare anche in seria A. Avrei dovuto essere più continuo, ma non sempre le cose non vanno come dovrebbero andare. Cito anche Marco Giampaolo, una persona di poche parole che ho avuto al Treviso, in serie C1. Qui c’era anche il direttore sportivo Carlo Osti, che ho avuto insieme a Del Neri alla Ternana e che adesso è alla Sampdoria, dove non a caso ha portato Giampaolo. Con il Treviso avevamo anche vinto il campionato nel 2003».


Mai avuti diverbi con qualche tecnico?


«No. Talvolta in carriera capita di incontrare allenatori che fanno giocare persone che stanno peggio di te o che sono meno forti; altri che si fissano solo su dei giocatori e non c’è verso che cambino idea, ma ognuno fa le proprie scelte che vanno rispettate, e litigare non giova a nessuno. Quando sei in squadra accetti, anche se malvolentieri. Io ho sempre pensato ad allenarmi, poi se non mi facevano giocare vaff…”».


Hai dei rimpianti?


«Ho avuto una bella carriera, mi è dispiaciuto non aver giocato in serie A. Avevo ricevuto parecchie offerte: quando giocavo con il Giorgione, dopo un’amichevole di fine ritiro contro l’Udinese dei vari Sensini e Nappi, mi aveva chiamato D’Alessi per dirmi che l’Udinese voleva comprarmi. Poi l’affare non si fece, perché il presidente della mia squadra aveva chiesto troppi soldi, mi sembra un miliardo di lire. Poi avevo ricevuto offerte anche dalla Sampdoria e dal Foggia allenato da Zeman, che giocava in serie A e nelle cui fila c’erano Gigi Di Biagio e Dan Petrescu, per citarne alcuni. Anche in quel caso avevano chiesto troppo per il mio cartellino».


Tra le squadre con cui hai giocato, qual è quella a cui associ i ricordi più belli?


«Alla Pistoiese, specie nell’anno in cui ci eravamo salvati partendo con quattro punti di penalizzazione. Ricordo che avevo fatto gol nello spareggio salvezza. Poi ho tanti ricordi belli, tra i quali anche l’esperienza al Treviso e alla Ternana. C’è dell’altro: nessuno se lo ricorda, né lo citano mai in tv, ma io ho il record del gol più veloce in Italia nei campionati professionistici, messo a segno con la maglia della Salernitana, il 7 aprile 2002 in serie B: 7 secondi e 88 centesimi dal fischio d’inizio, nella gara contro l’Ancona, poi persa 3-1. È stata una grande emozione. E non potrò dimenticare nemmeno il gol che ho fatto nel derby vinto contro il Napoli il 10 marzo 2002, con la Salernitana: 35 mila spettatori. Una bolgia. Avevo esultato togliendomi la maglia, ma avendo fatto gol vicino la curva del Napoli ho dovuto farmi tutto il campo per andare ad esultare con i compagni sotto la curva dei nostri tifosi».


E i compagni più forti con cui hai giocato?


«Massimiliano Allegri e Andrea Barzagli, ai tempi della Pistoiese. Poi direi Fabrizio Miccoli negli anni alla Ternana, ma ce ne sarebbero tanti altri. Una volta c’erano parecchi giocatori forti in serie B, mica come adesso! Se fai un confronto prendi paura. Ora buttano i giovani allo sbaraglio, mentre una volta i vari Stroppa, Fuser, Di Natale avevano tempo di crescere. Le squadre di serie A erano talmente forti che giocatori così non riuscivano a trovare spazio: c’erano Boban, Batisuta, Ronaldo, Vieri, Del Piero. Ora anche in serie A il livello tecnico si è abbassato».


Ritorniamo a Feltre, con la fusione tra Feltrese e Union Ripa…


«Si parlava di fusione già ai miei tempi. A Feltre, però, non riuscivano mai a cambiare veramente le cose: ci sono sempre state le stesse persone con la stessa mentalità, da quando giocavo io fino a poco tempo fa. Sembrava che non volessero fare cose nuove. La fusione potrebbe essere un bene: ci sono già stati dei risultati positivi, anche se ora vivo a Massa Carrara e non sono sempre aggiornato. Ogni tanto torno in provincia dai miei familiari».


Tuo fratello ha gareggiato anche in nazionale di atletica leggera…


«Si. Ha corso i 100 e 200 metri, con i Carabinieri. Ha fatto anche le Olimpiadi di Nagano e Salt Lake City. In famiglia abbiamo sempre avuto la passione per lo sport: mio papà, per esempio, giocava a calcio. Direi che a Lamon c’è sempre stato un clima favorevole per spronare la gente a praticare lo sport».


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