Vendetta sul parroco La Curia chiede certezze

Ponte. Continua l’indagine sull’episodio con cui è stato preso di mira don Fiocco Vendramini: «Ottima persona». Don Bratti: «Fate emergere il valore dell’uomo»
Di Gigi Sosso

PONTE NELLE ALPI. La macchina della verità. Il giorno dopo l’incendio dell’auto di don Davide Fiocco, a Col di Cugnan si sono messe in moto le chiacchiere. Ma accanto all’immancabile scambio di opinioni al bancone del bar o al negozio di alimentari, c’è un’indagine vera condotta dai carabinieri e la procura ha aperto un fascicolo. Gli inquirenti stessi non hanno escluso la pista passionale, cioè un marito geloso del parroco, che si sarebbe vendicato sulla sua Peugeot 308, dandola alle fiamme, nella notte tra domenica e lunedì. Un uomo è stato individuato, già poche ore dopo l’accaduto, quando ormai i vigili del fuoco avevano escluso il classico guasto all’impianto elettrico, che può causare una scintilla e scatenare le fiamme. I pompieri sono sicuri che ci sia il dolo.

I parrocchiani sono tra l’incredulo e lo scosso, al di là delle cause, vere o presunte, dell’accaduto. Sono stati svegliati verso le 3.30 dalle sirene e dai lampeggianti prima dei vigili, poi dei militari dell’Arma e mai avrebbero immaginato che l’auto del loro sacerdote fosse ridotta in cenere.

Anche il sindaco Paolo Vendramini si stropiccia gli occhi: «Ho conosciuto don Fiocco come un’ottima persona. Qualcuno che non può avere dei nemici. So per certo che la gente dei Coi de Pera lo ama e lo apprezza, sia come uomo che come sacerdote. Personalmente non posso che parlarne bene. Solo qualche giorno fa, abbiamo inaugurato insieme la chiesa di Vich, un’opera per la quale si era speso moltissimo. Niente da dire nemmeno sulla sua attività pastorale. Quello che posso aggiungere è che aspetto con fiducia la fine delle indagini delle forze di polizia. Solo allora, sarà possibile avere le idee più chiare su quello che è successo e anche sulle motivazioni».

La Curia non si nasconde. L’unico invito è quello di «evitare la gogna mediatica », dice don Giuseppe Bratti, l’addetto alle comunicazioni sociali, «fino a quando non ci saranno delle certezze, meglio essere prudenti e attendere con fiducia l’esito delle indagini. Non so come possa essere uscita questa ipotesi del movente passionale. Non è ancora emerso il valore dell’uomo e del prete, nella vita di tutti i giorni e nell’attività pastorale. Per quello che ne sappiamo noi, in poco tempo è riuscito a guadagnarsi la benevolenza di tutta una comunità, segno che la lavorato bene. Per il resto, come dicevo non ci rimane che aspettare che gli inquirenti concludano il loro lavoro. Non arriviamo a conclusioni troppo affrettate, insomma».

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