Pieve di Cadore: la cultura senza soldi, meno eventi

Coletti: «Pieve avrebbe bisogno di 100.000 euro, ne abbiamo 4.000»
Maria Giovanna Coletti, assessore a Pieve
Maria Giovanna Coletti, assessore a Pieve
PIEVE DI CADORE. Con la conferenza "Nuovi spunti di ricerca sul fratello di Tiziano, Francesco", tenuta dal laureato in Storia dell'Arte originario di Sedico, Elia D'Incà, nella sala consigliare della Magnifica Comunità domenica pomeriggio, si è conclusa in Cadore la "XIII settimana della cultura".


La Magnifica Comunità e i Comuni hanno messo a disposizione un programma di manifestazioni e di strutture culturali. Purtroppo, la disponibilità di strutture e lo spiegamento di volontari, non ha trovato nel pubblico locale ed in quello turistico una risposta adeguata.


«E' vero - ha affermato la presidente della "Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore" e assessore comunale alla cultura Maria Giovanna Coletti - le manifestazioni, le chiese, i musei, non sono stati molto frequentati e solo in alcuni casi hanno segnato dei numeri di visitatori consistenti».


Quali possono essere le cause?


«Essendo ormai la 13esima volta che organizziamo questa manifestazione, molti cadorini vi hanno già partecipato, e quindi difficilmente rivistano il museo o la chiesetta, a meno che non ci siano degli eventi in grado di attrarne l'attenzione. Ci sono, poi, altri motivi: il depliant che raccoglie le iniziative viene stampato troppo tardi perché le amministrazioni comunali inviano con troppo ritardo alla Magnifica Comunità, ente coordinatore del progetto, i loro programmi. Di conseguenza la promozione delle iniziative diventa poco efficace. Quest'anno, ad esempio, il pieghevole è stato disponibile solo dal gorno precedente l'inizio delle manifestazioni. Infine, non essendoci risorse a disposizione, non esiste la possibilità di fare nessun tipo di pubblicità sui giornali o negli altri mezzi d'informazione».


Perché manca il denaro per la pubblicità?


«Principalmente perché la Magnifica Comunità ha il bilancio ridotto all'osso e poi perché, a parte qualche rara eccezione, i Comuni hanno tagliato nei loro bilanci, gli stanziamenti per la cultura. Anche Elia D'Incà, il conferenziere di oggi, scrive nella sua biografia, che da studioso e laureato in Storia dell'arte, è stato costretto, per vivere, a trovare un altro lavoro che nulla ha a vedere con la cultura».


Qual è la situazione a Pieve?


«Tragica: Pieve, "città della cultura", che per non sfigurare avrebbe bisogno di almeno 100.000 euro all'anno, nel 2011 si trova a gestire una somma di soli 4.000 euro, meno dei contributi assegnati alle associazioni di volontariato. Sono così saltate tutte le manifestazioni che sono state programmate gli anni scorsi: niente più presentazioni di libri di autori noti, come avveniva alla fine degli anni'90 e inizio millennio; nessuna rappresentazione teatrale, pochi concerti e solo a pagamento; finite tutte le manifestazioni legate al Cadore Film Festival. Insomma la cultura è stata azzerata».


State per inaugurare la grande mostra sui 150 anni dell'Unità d'Italia. Come avete trovato i fondi necessari?


«In questa occasione abbiamo potuto contare sul un contributo della Cariverona e su un'altro di un privato. Abbiamo ridotto tutte le spese all'osso e nonostante ciò pensiamo di farcela ugualmente, anche se abbiamo dovuto prevedere un biglietto d'ingresso a pagamento. Non sarà una somma elevata, ma solo il contributo di due euro».


Quali sono le esigenze della Fondazione Centro Studi Tiziano Cadore?


«Nei cassetti della Fondazione ci sono progetti per circa 3 milioni di euro. Siamo consapevoli che non è possibile averli tutti, ma in questo momento stiamo navigando a vista: ogni volta che c'è un progetto da realizzare, dobbiamo cercare i finanziamenti appositi, com'è successo di recente con gli atti della Battaglia di Rusecco, che è stato stampato grazie a sponsor privati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi