Pian delle Vette rilancia con il suo Mat ’55

Raffaele Scottini / feltre
Storicamente, il nome Vignui richiama una tradizione di vigneti nella zona, che l’azienda agricola Pian delle Vette ha ripreso e sviluppato, facendo incetta di premi negli anni con i suoi vini. Lunedì, la cantina gestita da Egidio D’Incà e dal suo socio Walter Lira ha stappato la bottiglia del 2012 del Mat ’55 metodo classico, l’etichetta punta di diamante della produzione. È stata aperta e degustata la prima bottiglia magnum, un’edizione limitata pensata per i grandi appuntamenti del territorio.
Per l’occasione è stata organizzata una presentazione nella sede in mezzo ai filari di Vignui con la partecipazione di alcuni chef stellati della provincia (la grande cucina delle Dolomiti che fa parte del circuito Altogusto). «Vogliamo creare una tradizione», dice Egidio D’Incà. «Visto il riscontro che ha questo spumante, abbiamo pensato in maniera ambiziosa di dare vita a un appuntamento fisso e abbiamo invitato alcuni ristoratori di spicco del bellunese e non solo».
Il Mat’55 metodo classico fa 72 mesi di sosta sui lieviti e con un’ulteriore maturazione arriva alla vendita dopo otto anni. «Quando lo bevono, si innamorano di questo vino», commenta Egidio D’Incà, soddisfatto dell’annata 2012: «Finora avevamo avuto degli Extra brut, quindi vini molto eleganti, mentre questo è un po’ più ruffiano. Ha mantenuto un grado zuccherino superiore, infatti rientra nella classificazione dei Brut», racconta. «Da un punto di vista commerciale, avrà ancora più appeal dei precedenti. Non è voluto, ma quando si fanno vini artigianali queste cose succedono naturalmente. Non è spiegabile, ma capita».
La produzione è di circa 2.000 bottiglie. «Facciamo microvinificazione, non vogliamo fare quantità, ma puntiamo esclusivamente sulla qualità dei vini», spiega Egidio D’Incà, che insieme a Walter Lira ha preso in mano l’azienda agricola nel 2016 da una coppia di coniugi trevigiani, che l’avevano avviata tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000. Sono state piantate quattro bacche rosse e quattro bianche: «Le varietà per quanto riguarda il rosso sono Pinot nero, Teroldego, Gamaret e Diolonoir, mentre per il bianco abbiamo lo Chardonnay, il Muller Thurgau, il Traminer aromatico (che abbiamo reinnestato l’anno scorso perché aveva una produzione molto bassa) e la Bianchetta Fonzasina. Siamo autonomi in toto, entra l’uva in cantina ed esce il vino in bottiglia, in nove etichette».
Su due ettari e mezzo di vigneto, la produzione media è di circa 50 quintali per ettaro. «Quest’anno la stagione agricola si presenta molto bene», commenta D’Incà. «L’inizio di primavera è stato positivo e la vigna ha risposto bene all’ultimo periodo di piogge frequenti. Se adesso arriva il caldo, si prospetta probabilmente un’annata top». Dopo il lockdown per il coronavirus, «ripartiamo con molta speranza perché la montagna, dove abbiamo il grosso dei nostri clienti, si sta riprendendo con vigore. C’è entusiasmo e vogliamo spingere le visite e le degustazioni in cantina. Questo periodo ci è servito per lavorare a questo nuovo segmento aziendale e i primi riscontri sono buoni». –
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi