«Nebbiù, i servizi sono spariti: mi pento di averci preso casa»
PIEVE DI CADORE. «Nebbiù è un posto ormai senza più servizi. Ho preso in affitto una casa per tutto l’anno nella frazione più piccola e graziosa di Pieve», racconta Claudia Pravisani, originaria del...

PIEVE DI CADORE. «Nebbiù è un posto ormai senza più servizi. Ho preso in affitto una casa per tutto l’anno nella frazione più piccola e graziosa di Pieve», racconta Claudia Pravisani, originaria del Cadore e ora residente in Olanda dove gestisce una gelateria molto frequentata, «ma, dopo soli tre mesi, sono quasi pentita: ho l’impressione di essere tornata indietro di 50 anni. In paese non c’è nemmeno la cassetta della posta e manca anche un telefono pubblico. Oltre a questi importanti servizi, ne mancano anche altri essenziali per far vivere un paese: non c’è un bus per il collegamento con Pieve, non c’è la possibilità di pagare una bolletta perché l’ufficio postale si trova a quasi 3 chilometri, l’unico bar non è attrezzato per il pagamento delle bollette e per la ricarica dei cellulari. Quando sono partita da qui, negli anni ’70, c’era una corriera, il postino arrivava tutti i giorni, c’era la Cooperativa e l’edicola. Ho scelto Nebbiù» prosegue la donna, «per la sua tranquillità, ma oggi per chi non guida l’auto questo è un posto troppo disagiato. L’unico negozio di alimentari è distante circa 800 metri dal centro del paese. Perciò chi ha bisogno di questi servizi, o della farmacia, è costretto a farsi portare dagli amici a Tai, Pieve o Valle».
La situazione denunciata dalla signora non è nuova, ma dura ormai da alcuni anni: con la conseguenza che il turismo, fino a 20 anni fa floridissimo, è praticamente scomparso; così come stanno scomparendo, a causa della tassazione troppo elevata, le seconde case, con il conseguente crollo dei valori immobiliari. Oggi, in provincia di Belluno, il calo demografico è all’ordine del giorno e molti amministratori a parole vorrebbero invertire l’attuale tendenza; ma, nei fatti, non fanno nulla o quasi per cambiare la situazione. Tornando al caso specifico, due anni fa l’amministrazione comunale di Pieve promise agli esercenti dei bar della frazione di Nebbiù (così come a quelli di Sottocastello e Pozzale) di dare dei contributi per favorire la vita delle loro attività, considerate fondamentali per l’aggregazione dei giovani nelle periferie. Una promessa rimasta però lettera morta. Nebbiù è la frazione più piccola del Comune di Pieve: nelle stagioni non turistiche, conta circa 300 abitanti nella parte alta e altri 150 circa nella parte bassa.
«Quel contributo lo avevano promesso anche a mia sorella, che gestiva allora il bar Saetta di Pozzale», afferma Umberto Giacomelli, presidente del CAI di Pieve, «ma nulla è arrivato, come non sembra sia arrivato anche nelle altre frazioni. Così, dopo un anno, il bar di Pozzale è stato chiuso; e lo stesso è successo a Nebbiù». Sarà necessario dunque che chi amministrerà in futuro i comuni cadorini rifletta un po’sulle cause dello spopolamento.
(v. d.)
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