Luca, 31 anni e una stalla fatta in proprio

Agordo. L’ex metalmeccanico oggi apre la sua attività, in barba a chi «si riempie la bocca di allevamento di montagna»
Di Gianni Santomaso

AGORDO. «Gli animali sono sinceri, sono fatti di fiato, se ne hanno te lo danno». Forse è anche per questo che Luca Cadorin ama stare fra le sue mucche, ama guardarle alle cinque del mattino mentre ordinate e diligenti raggiungono la sala mungitura. Forse è anche per questo che non ha più dato ascolto alle sirene della fabbrica e all'idea dello stipendio fisso e sicuro: certe caratteristiche del genere umano non fan per lui. Forse è per questo che ha deciso di non abbandonare il progetto di una stalla tutta nuova nonostante la difficoltà a strappare i finanziamenti a chi «si riempie la bocca di giovani e di allevamento di montagna».

Oggi, dalle 10, accoglierà amici, parenti, interessati, curiosi per il taglio del nastro della struttura sorta a lato della tangenziale (ci si arriva dalla rotatoria dei vigili del fuoco prendendo la strada sterrata parallela alla variante). Luca, 31 anni, ce l'ha fatta. Ha coltivato un sogno, non si è dato per vinto. Ha la sua stalla moderna a stabulazione libera, con cuccette a paglia e sala mungitura con una ventina di mucche da latte. Pensa di fare del bene a sè e al territorio. Si alza alle 4 e alla sera non ha bisogno di camomilla per prendere sonno. «Eh» dice «bisognerebbe far capire alcune cose ai politici e a chi si riempie la bocca con i giovani e l'agricoltura di montagna. Sono partito con un progetto nel 2007 e sono riuscito a farmelo finanziare in parte solo nel 2012. Ho fatto due domande per l'intero progetto a valere sul Psr che non sono andate bene. Poi alla fine la Regione, tramite Avepa, mi ha dato 80 mila euro per concimaia e attrezzature interne. Dalla Cm agordina ho ottenuto due contributi di 16 e 13 mila euro per sostenere il costo della struttura metallica della stalla, l'impianto elettrico-idraulico e le resine di rivestimento delle mangiatoie».

E il resto? «Ho fatto tanto il manovale» risponde «i portoni me li sono fatti di sana pianta, le finestre me lo sono montate, diciamo che così ho compensato i contributi che non ho preso. L'Alto Agordino è riuscito a battersi politicamente e ha ottenuto che venisse riconosciuta l'“altitudine”. Evidentemente, per la Regione, Agordo è troppo in pianura...».

Prima di gettarsi a capofitto in questa avventura, Luca faceva l'operaio nella fabbrica dell'ex sindaco di Agordo, Renzo Gavaz: «Ero metalmeccanico ho lavorato in fabbrica 10 anni. Nel frattempo avevo già 3-4 manzette da carne su al Cristo delle Pianizze. La passione l'ho sempre avuta: andavo con mio nonno Vittorio in malga e poi con mio zio Piero. Gavaz mi ha concesso un part-time verticale e quindi ho potuto frequentare un corso di 120 ore a Sedico per ottenere il requisito di professionalità».

Dal 2008 Luca Cadorin è diventato imprenditore agricolo a tutti gli effetti. «È difficile dire in cosa consista il fascino di questo lavoro» spiega «quando raccogli il fieno ricavi soddisfazione, ti piace lavorare con i macchinari e con la tecnologia, sei all'aria aperta. Certo quando ti arriva il temporale mentre stai raccogliendo il fieno ti chiedi anche “Chi me lo fa fare?”. E poi c'è il contatto con gli animali. Loro sono fatti di fiato, se ce l'hanno te lo danno. Con gli uomini è un po' diverso. Quando lavoravo in fabbrica vedevo gelosie, rivalità perché uno faceva di più e prendeva meno o viceversa o per una pausa caffè più lunga o più corta. Gli animali sono sinceri. Con loro non devi urlare, devi avere pazienza e lasciare che si prendano il loro tempo». Luca li apprezza così tanto che è disposto a fare un passo indietro e a lasciare loro, agli animali, il titolo di difensori del territorio: «Sono loro il vero presidio non io. È la loro fame che può garantire la cura dei prati. Il vero incentivo per lo sfalcio è di riuscire a fare più fieno possibile in proprio, per darlo alle mucche che poi daranno il latte. L'incentivo in denaro al privato per tagliare il fieno senza uno scopo diverso dalla pulizia è fine a se stesso. Quando finirà l'incentivo, finirà anche la pulizia del prato».

Alla cura del territorio segue la sua valorizzazione, attraverso i prodotti della terra, latte e derivati in primis. «Sono vicepresidente della coop di vallata, avevo firmato per la sua costituzione prima di avere la mia attività. È l'unione che fa la forza. Io voglio essere un allevatore che produce sempre più latte e di migliore qualità e voglio che la coop vada bene, perché se va bene lei, vado bene io e va bene il territorio».

Quel territorio che da tanti anni ha dimenticato quell'odore che ti resta addosso quando esci dalla stalla in nome di un benessere sulla cui natura resta molto da discutere.

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