«L’ho uccisa io, avevo perso la testa»
L’operaio della McFe ha colpito il viado sotto l’effetto della cocaina
Raggiunto dopo una notte in disco. Convinto dal padre a raccontare
Raggiunto dopo una notte in disco. Convinto dal padre a raccontare

FELTRE. «Confessa tutto, racconta quello che è successo». Sono le 14 di domenica quando Harouna Bancé, l’operaio ventottenne della Costa D’Avorio residente a Feltre, parla al telefono con suo padre rimasto nel suo paese. E’ il genitore a convincere il ragazzo straniero ad ammettere le proprie responsabilità nel delitto di Mateus Da Silva Ribeiro, alias Aline, trans uccisa giovedì in un appartamento a Castelfranco. Brasiliana aveva 24 anni. E dopo la telefonata al padre Bancè confessa ai carabinieri e al pm De Biasi: «Sì l’ho uccisa io Aline, avevo perso la testa».
Un delitto maturato nel mondo della prostituzione. In un pomeriggio qualunque che ha mandato in pezzi la vita dei due ragazzi stranieri, entrambi regolarmente residenti in Italia. «Un delitto risolto in 48 ore» ha detto con soddisfazione il capo della procura di Treviso, Antonio Fojadelli che ieri ha raccontato le fasi che hanno portato a chiudere velocemente il caso.
I carabinieri del nucleo operativo e della compagnia di Castelfranco hanno imboccato presto la pista giusta, risalendo all’ultimo cliente del trans trovato nudo con un foulard stretto intorno al collo. Bancè, incensurato, regolare e operaio alla “McFe Sic metal” di Feltre, è stato proprio l’ultimo a vedere viva Aline. Il motivo che ha portato il ragazzo ad uccidere il brasiliano non è ancora chiaro, anche se è il contesto in cui è maturato il delitto è invece delineato: la lite che ha condotto all’omicidio è scoppiata durante un rapporto sessuale consumato sotto l’effetto della cocaina. «Secondo i primi riscontri sembra che sia stato un omicidio di impeto» ha spiegato il colonnello Stefano Baldini.
Le indagini.
La strategia investigativa è scattata subito dopo la scoperta del cadavere nel monolocale in piazza Europa Unita. E’ il fidanzato a trovarlo, un giovane di Udine che ha da tempo le chiavi della casa di Aline. Prova a chiamarlo dal giorno prima ma invano. E i suoi cellulari sono scomparsi. I carabinieri riescono ad ottenere velocemente i tabulati telefonici di Mateus Da Silva Ribeiro. La richiesta al gestore di telefonia ha una priorità assoluta ordinata dalla magistratura. A questo punto le indagini prendono varie direzioni. Mentre i carabinieri a Treviso identificano uno a uno i clienti con cui Aline aveva preso appuntamento per giovedì, i colleghi di Castelfranco interrogano i viados che la conoscevano, i suoi vicini di casa e acquisiscono i filmati delle telecamere e circuito chiuso installate nel condominio. I sospetti si concentrano su tre persone: un operaio di 24 anni di Scorzè; un imprenditore quarantenne di Pordenone sposato con due figli; l’operaio residente a Feltre, Harouna Bancé. I primi due vengono rintracciati la notte tra venerdì e sabato, il giovane straniero è invece irreperibile.
La serata in discoteca.
A quel punto il magistrato Juri De Biasi decide di mettere sotto controllo proprio il telefono dell’ivoriano, su cui i sospetti si fanno sempre più forti. Il giovane, la notte tra sabato e domenica, viene localizzato a Vicenza, in una discoteca del centro frequentata da stranieri. E’ insieme ad un amico, suo connazionale. All’alba, vengono bloccati dai carabinieri, Bancé è il più tranquillo dei due. Segue i militari, ma quando li vede imboccare l’autostrada per Treviso, si chiude nel più cupo silenzio. Ha capito che non si tratta di un semplice controllo di documenti.
La confessione.
Alle 7 di domenica Harouna Bancè è davanti al colonnello Baldini e al capitano Nicoletti. Gli investigatori lo mettono davanti alle sue responsabilità, a quelle sette telefonate intercorse tra lui e Aline giovedì. Ma l’operaio non cede. Poco dopo mezzogiorno, il ragazzo chiede di telefonare al padre che lo convince ad ammettere le sue responsabilità. Quando Bancé riattacca si rivolge ai carabinieri e dice: «Ho ucciso io Aline, ma ricordo poco di quello che è successo». Viene subito avvertito il pm De Biasi che arriva in via Cornarotta e interroga il ragazzo.
La lite.
Quello che è certo è che l’ivoriano e il giovane trans brasiliano hanno litigato durante un rapporto sessuale. «Credevo fosse una donna», ha detto. «Mi sono sentito ingannato e volevo indietro i soldi, così l’ho picchiata». Ma la sua versione è ancora poco chiara.
Argomenti:omicidio a castelfranco
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