Lavorare in cimitero: «Siamo in pochi»

I due operai più l’addetto di una cooperativa si occupano dei dodici campisanti cittadini: «È dura anche fare le ferie»
Di Gigi Sosso ; Di Gigi Sosso

BELUNO. Una vita in cimitero. Nicola è uno dei due operai del Comune di Belluno, che lavorano nei 12 campisanti cittadini, tra quello centrale di Prade e i frazionali. Sono ormai 15 anni che fa questo mestiere e ne ha visti passare parecchi di colleghi. Qualcuno ha resistito,qualcun altro se n’è andato, dopo una settimana o anche un solo giorno. L’altro addetto si chiama Giuseppe e poi c’è un rinforzo di nome Luigi, che è in prestito dalla cooperativa Lavoro associato.

Sulle loro spalle, ci sono non solo le manutenzioni, ma anche le tumulazioni: «Mi sono già occupato di qualcosa come 6 mila funerali, ma il mio lavoro non si è mai limitato solo a questo», spiega Nicola con un sorriso amaro, «svolgo anche compiti di segreteria all’interno di un apposito ufficio, perché ogni defunto viene inserito in un registro. La mia qualifica sarebbe di operaio, ma in definitiva non ho mai potuto fare solo questo. A maggior ragione negli ultimi anni, quando la carenza di organico è stata ancora più pesante. Non solo il segretario, insomma, ma anche l’addetto alle piccole e grandi manutenzioni e il necroforo».

Un cimitero non è un luogo di lavoro come gli altri. L’ambiente provoca una pressione psicologica importante e non è per tutti: «Questo l’ho sperimentato di persona, quando sono stato temporaneamente affiancato da colleghi che non ce l’hanno fatta a continuare e sono stati costretti a lasciare anche dopo solo poche ore. Le riesumazioni dei corpi richiedono un certo stomaco e non potrai mai farci l’abitudine. Ma anche il lavoro più semplice richiede una certa presenza di spirito. Non puoi evitare nemmeno di scherzarci un po’ sopra, naturalmente senza mancare di rispetto a nessuno, perché già il clima è opprimente e, in qualche maniera, devi fartela passare. Capita anche di ridere e, allo stesso tempo, d’incontrare la comprensione di chi viene a visitare i propri cari. Sennò rischi seriamente di andare in depressione».

Ci sono i turni di riposo e si maturano le ferie. Come si organizzano in due più uno? «In qualche maniera, bisogna pur fare. Un aiuto può arrivare da chi è costretto a occuparsi di lavori socialmente utili, ma si tratta di soluzioni temporanee. E comunque, anche tra questi, c’è chi non ce la fa proprio ad andare avanti per più di qualche tempo. È dura, c’è poco da discutere. Io stesso ho partecipato a un concorso dell’azienda sanitaria, perché vorrei cominciare a guidare le ambulanze: mi auguro di farcela presto, nel frattempo devo darmi da fare, insieme ai colleghi, perché tra qui a Prade e i cimiteri periferici non mancano mai i lavori da portare a termine. Quello che ci consola è il fatto che non stiamo avendo lamentele».

Prade è inappuntabile, con le siepi rasate di fresco e gli alberelli potati. Non mancano nemmeno i complimenti da parte dell’assessore competente Claudia Alpago Novello: «Possono anche far piacere, ma non ti aiutano certo a vivere meglio dal punto di vista economico. Ci sono stati momenti in cui avevamo anche un’indennità di disagio, dovuta all’inevitabile stress psico-fisico al quale siamo sottoposti, ma è un po’ che non c’è più nemmeno quella».

Accanto alla congratulazioni e alle pacche sulla spalla, la certezza che a Palazzo Rosso non possono provvedere a nuove assunzioni. Il bilancio non lo permette: «Saprei io dove risparmiare, ma a questo dovrebbe pensare chi di dovere, a cominciare dall’assessore Alpago Novello e dal sindaco Jacopo Massaro. Ad ogni modo, non mi aspetto chissà che cosa. Credo che questi siamo e questi rimarremo, almeno fino a quando non cambierà il quadro economico. Quello che possiamo fare è continuare a fare del nostro meglio, cosa che già stiamo facendo. La coscienza non può che essere a posto, anche considerando i mezzi con cui stiamo lavorando. Abbiamo un piccolo escavatore, un camioncino, un’utilitaria e un’Ape».

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