L’anziana era consapevole di aver donato 500 mila euro alla casa di riposo: assolti in due

L’ospite ha consegnato soldi e immobili alla società che gestisce alcune case di riposo tra la provincia di Treviso e di Belluno in cambio di assistenza nella struttura di Setteville: per il giudice non c’è stata circonvenzione d’incapace

Fabio Poloni
La residenza San Vincenzo a Colmirano, in Comune di Setteville
La residenza San Vincenzo a Colmirano, in Comune di Setteville

Era perfettamente capace d’intendere e volere l’anziana, quando sottoscrisse la donazione da circa mezzo milione di euro a favore della società che gestisce alcune case di riposo, tra le quali la residenza San Vincenzo a Colmirano di Alano di Piave, in comune di Setteville.

Finiti a processo per circonvenzione d’incapace, i due imputati sono stati assolti martedì 10 giugno «perché il fatto non sussiste». Si tratta di moglie e marito, di origine napoletana, Emanuele Auletta, 34 anni, e Maria Iavazzo, 31 anni, entrambi di Pederobba. Contestualmente, il giudice ha disposto la revoca del sequestro dell’immobile di Alano che faceva parte dello scambio.

Al centro della vicenda giudiziaria è finita una donazione modale – ovvero con in cambio l’obbligo di assistenza – fatta nel dicembre del 2019 da un’anziana bellunese a favore della struttura di Colmirano. Una sorta di patto, insomma: soldi e immobili per un valore di quasi mezzo milione di euro in cambio del mantenimento della donna nella struttura fino all’ultimo dei suoi giorni. Il tutto avallato da un atto notarile. La segnalazione alla Procura fu data da una banca dopo che il denaro fu trasferito su ordine dell’anziana, che in passato aveva avuto problemi di carattere psichiatrico, alla casa di riposo. Di quel tesoretto donato dall’anziana, 363 mila euro erano stati investiti per comprare un ex albergo da adibire a Rsa, in via Conti Franzoia a Colmirano, dove è attiva la casa di soggiorno in cui è ospitata la disabile. È l’immobile per il quale ora è stata disposta la revoca di sequestro.

Dalla perizia psichiatrica disposta dal gip era emerso che la donna non era in grado di intendere e volere nel momento in cui ha firmato l’accordo. Da qui l’accusa, per i due imprenditori, di averla circuita. Diametralmente opposta, invece, la versione della difesa: i legali degli imputati hanno commissionato una controperizia da cui è emerso come la signora fosse nel pieno possesso delle sue facoltà mentali al momento della donazione modale. «È stata una donazione libera, fatta senza costrizioni o inganni di sorta», la linea difensiva. Che ieri è stata accolta: imputati assolti.

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