La famiglia di Martina chiede rispetto

Francesco e Linda Bonavera sui lavori al bivio di Giamosa: «Poco tempo e basso costo: ma non si potevano fare prima?»
Di Gigi Sosso
lavori; incrocio; giamosa
lavori; incrocio; giamosa

BELLUNO. Il dolore pretende rispetto. Mamma e papà Bonavera hanno ancora il cuore, che si ribella alla morte della loro Martina. Che non può credere a una verità così crudele. La vita di Linda e Francesco è come finita, in quella maledetta mattina del 9 marzo. Quando un camioncino, che avrebbe dovuto trasportare della legna, si è portato via il sorriso e i progetti di una ragazza di 13 anni. E allora come possono aver preso il fatto che, in poco tempo e quattro soldi, il Comune sta facendo i lavori per mettere in sicurezza i pedoni, all’incrocio tra Salce e Giamosa, dal capitello alla fermata dell’autobus?

Francesco e Linda Bonavera non sono più andati a prendere la corriera, ma ogni giorno scendono sulla statale a portare i fiori freschi per il loro tesoro. Potrà mai consolarli il fatto che dalle prossime ore potranno passare all’interno del paracarro?

L’ispettore della Guardia di Finanza, Francesco Bonavera, vive per i due figli e Linda, oltre che per il grande abbraccio avuto da vicini e colleghi e da tutta la comunità: «Com’è possibile che il comitato di Salce lotti da tanti anni, affinché la gente non rischi la vita su quel tratto e poi basti così poco, per mettere tutto a posto? La sento quasi come una tragica presa in giro. Quante volte avremmo chiesto un semaforo intelligente, prima che ci scappasse il morto? L’Anas ha sempre detto che l’intervento era di competenza del Comune e Palazzo Rosso si è difeso, ribattendo che la via era gestita dall’azienda nazionale per la viabilità. C’è stato questo continuo rimpallo di responsabilità e, mentre i due enti non prendevano alcuna iniziativa, nostra figlia ci ha lasciato. I lavori in breve e anche a buon mercato li prendo come una specie di ammissione di colpa».

Linda Bonavera ha perso una parte di sé. Chi non ha messo al mondo un figlio, non può capire la sua disperazione. Ma rimane una donna combattiva, che non si rassegna: «Per me, vedere che tutto si risolve in questo modo è come una coltellata su una piaga già aperta. Ma cosa vogliono, le istituzioni? Un applauso per aver svolto dei lavori, che aspettavamo da tanto tempo. Nessuno mi ridarà più Martina, però credo che queste persone dovrebbero vergognarsi. Ne faccio anche una questione di rispetto. Non c’era alcun bisogno di andare sui giornali, come hanno fatto in queste ore i nostri amministratori. Sarebbe bastato fare quello che bisognava fare ormai da tempo e non aspettare che accadesse una disgrazia».

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