"Finalmente siamo italiani", emozione in Prefettura

Belluno. La gioia di Mariva, Zourkeneni, Fernando, Idajete e Sebiha, che sono nati in Ucraina, Togo, Brasile e Albania. La cittadinanza in Prefettura. Sono i primi dopo il cambio della normativa
In prefettura viene data la cittadinanza italiana ad alcuni extracomunitari immigrati a Belluno
In prefettura viene data la cittadinanza italiana ad alcuni extracomunitari immigrati a Belluno

BELLUNO. Si sentono italiani, ma per diventarlo a tutti gli effetti dovevano ottenere la cittadinanza. Mariva, Zourkeneni, Fernando, Idajete e Sebiha, che sono nati in Ucraina, Togo, Brasile e Albania, da ieri sono ufficialmente italiani. I cinque stranieri, tre donne e due uomini, sono tutti sposati con cittadini italiani, e in virtù del cambio della normativa per l’ottenimento della cittadinanza non hanno dovuto aspettare che fosse il ministero dell’Interno a rispondere alla loro richiesta.

Dal 1° giugno, infatti, la competenza di emanare i provvedimenti di acquisto o diniego della cittadinanza “iure matrimonii” è dei Prefetti. «Un’innovazione che permette di rendere più rapidi i procedimenti», ha sottolineato il prefetto di Belluno Maria Laura Simonetti, «e per dare risposte adeguate a un bisogno sempre più in crescita». A palazzo dei Rettori ci sono già 150 pratiche che erano state avviate dal Ministero tra il 2010 e il 2011, e nell’arco di due o tre mesi si conta di definirle tutte.

Ieri nella sala di rappresentanza si è svolto tutto l’iter procedurale, che prevede la lettura da parte del Prefetto del decreto di conferimento della cittadinanza, un paio di firme da parte del richiedente e il giuramento di fronte al sindaco (ieri sostituito dal vice Martina Ravagni, che ha invitato i “nuovi bellunesi” a conoscere quello che la città offre, anche in termini di servizi culturali, per «costruire insieme la città che vogliamo per il futuro»).

«Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato», hanno scandito Mariva Klishch, Zourkeneni Kpekpassi, Fernando Dalla Valle, Idajete Memoci e Sebiha Luli, tutti visibilmente emozionati.

La più commossa era la signora Sebiha Luli, che vive in Italia da 18 anni e la ama come fosse casa sua: «Mi piace tutto, la vita qui è tranquilla, la gente è sempre gentile, solare», racconta. Accanto a lei il marito, albanese come lei, che la cittadinanza l’ha ottenuta quattro anni fa, la figlia e la nipotina.

Tanti i bambini presenti alla cerimonia. Mariva Klishch ha dato alla luce il pargolo che il marito stringe tra le braccia appena due mesi fa. È piccolissimo, ma già sorride. Mariva è nata in Ucraina. Dieci anni fa è venuta in Italia per cercare un lavoro (oggi fa la commessa) ma ha trovato anche l’amore. «Mi considero italiana. Mio figlio è nato qui, qui c’è la mia famiglia», dice.

Zourkeneni Kpekpassi, invece, ha conosciuto Elisa De Bernard a Padova, dove entrambi studiavano. Vive in Italia da sei anni, è papà di una splendida bimba che Elisa ha partorito all’inizio del 2010 (era la prima nata di quell’anno) e in Togo non è mai tornato, ma ci sta pensando, «magari per festeggiare l’aver ottenuto la cittadinanza». Una firma che però non cambia quello lui già si sentiva: «Mi sentivo italiano anche quando studiavo a Padova», spiega.

Nei suoi confronti non ci sono mai stati episodi di razzismo, ma il giovane è anche consapevole che «siamo noi stranieri che ci dobbiamo comportare bene per essere bene accolti. A proposito, ringrazio mia moglie e la sua famiglia, che mi hanno accolto benissimo».

Anche Idajete Memoci si sente italiana da anni. Era il 1995 quando venne in Italia dall’Albania, e ormai ha imparato a cucinare italiano, pur mantenendo la sua cultura d’origine: «Le radici non si perdono mai», racconta, «ma ormai mi sento italiana. I miei figli vivono qui da quando erano piccoli, non lo so se tornerei indietro».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:immigrati

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi