Fidanzati si ferirono sugli slittini a Cortina il processo è da rifare



Schianto sugli slittini: il processo è da rifare. La Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione per Fabrizio Soravia e Giovanni e Luigi Pompanin. Accolto il ricorso della Procura della Repubblica di Belluno, che l’aveva impugnata, dopo aver contestato agli imputati l’ipotesi di reato di lesioni personali colpose gravissime. Il pm d’udienza Tricoli aveva chiesto al giudice di pace Bottoli l’assoluzione solo per Giovanni Pompanin e la condanna a mille euro di multa per gli altri due.

Nell’incidente era rimasta infortunata una coppia di fidanzati sardi, che erano stati ricoverati in prognosi riservata: Fabio Cherchi aveva riportato danni permanenti, mentre Elena Curreli lesioni talmente gravi da avviare una causa civile, per oltre un milione di danni.

Nel ricorso, la Procura sosteneva che il giudice fosse caduto in un’interpretazione sbagliata degli articoli di legge richiamati nell’imputazione. Nel mirino la parte della sentenza in cui il giudice ritiene che non sia vietato in orario notturno e dopo l’orario di chiusura l’utilizzo delle piste da sci per la discesa con lo slittino. Un’interpretazione che aveva portato alla mancanza di responsabilità per Luigi e Giovanni Pompanin, presidente e capo servizi della Ista Spa, e Fabrizio Soravia, nel ruolo di istruttore della discesa programmata da Col Drusciè a Socrepes.

Arrivati nei pressi di un ristorante di Rumerlo, uno dei componenti della comitiva non si era fermato, preferendo proseguire in solitaria, lungo un tracciato diverso da quello concordato, riuscendo a fermarsi vicino alle reti di protezione. Cherchi e Curreli faranno lo stesso, ma l’uomo andrà a sbattere contro le reti, sradicandole e capovolgendosi; la donna finirà nel parcheggio, cadendo dalla slitta. Cherchi non aveva il casco e indossava scarpe da ginnastica, ma non è per questo che i tre imputati erano stati scagionati. Il fatto era che nessuna norma impone di recintare le piste da sci con reti antisfondamento.

Ma la Cassazione ha sottolineato che la sentenza è lacunosa per la mancanza di un’analitica ricostruzione dei fatti e di una corretta interpretazione delle norme. Non c’erano le condizioni di sicurezza e i partecipanti erano inesperti. Il processo è da rifare, anche per i difensori Ghezze, Pellizzaroli e Zanon. —

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi