Da Montanelli ai Vip i “sì” sotto le Tofane
CORTINA. Molti matrimoni “foresti” si sono svolti a Cortina da sempre. Perché da sempre la Regina è stata richiamo irresistibile per chi, frequentandola, voleva suggellare tra cime di cotanta bellezza la sua promessa d’amore.
Alcuni così riservati e segreti, da doverli escludere dalla categoria “Vip”: che tale può definirsi solo se oltre a bellezza, ricchezza e fama, comporta da parte di sposi e seguito una dose di seppur discreto esibizionismo. Come dire: «Ci siamo, altroché se ci siamo. Ma facciamo finta di non esserci, per cui prendete nota di tutto ma non troppo».
Segretissimo sul serio invece il matrimonio civile di due ampezzani d’adozione: quello del giornalista Indro Montanelli e della compagna Colette Cacciapuoti, “Donna Letizia”, che il 9 settembre 1974 si sposarono nell’ufficio dell’allora sindaco Renzo Menardi.
Lo sposo e la sposa –lei in pantaloni marron, giubbotto e foulard al collo come sempre – scapparono subito dopo dalla porta di servizio del municipio, lasciando a bocca asciutta Giovanna Orzes Costa, impiegata alla Poste di Cortina e famosa cronista mondana per una manciata di testate a valle.
Quando arrivarono gli “’80 da bere” fu tutto un “Marriage Cortina Style”. Comprendendo il pacchetto: giovani e raffinati sposi, di famiglia da generazioni con seconda casa a Cortina; nonni distintissimi e indiscussi protagonisti, perché lontani da ogni seppur vaga idea di rottamazione; genitori magari separati e risposati, ma per l’occasione sorridenti e vicini come si conviene; bambini di rara bellezza da adibire a paggetti e damigelle; boys and girls intimi degli sposi e glamour come star dello schermo, utilizzabili come testimoni e come garcons d’honneurs dello sposo i maschi; come jeunes filles della sposa le femmine.
Origine sociale: dapprima la grande nobiltà italiana, poi, a scendere nel tempo, i celebri nomi dell’imprenditoria del Paese. Periodo: di gran lunga preferito l’inverno. Location religiosa: la chiesa parrocchiale in corso Italia, la Madonna della Difesa più sotto, la chiesetta di Verocai, intima e in una posizione strepitosa come panorama. Dress code: rigorosamente abiti ampezzani da nozze, in uno spolverio di broccati, velluti, rasi, pantaloni alla zuava, grembiuli della festa, tube e cappelli neri ornati di piume e fiori, mantelli a ruota, collane e orecchini autoctoni in oro, granate, perle, manicotti e rifiniture in lupo e zibellino, per la sposa magari uno “svolazzo poetico” che la trasformasse in principessa delle nevi.
Musica: corni ed ottoni locali. Fiori: addobbi locali in pino e candidi bucaneve. Mezzi di trasporto: slitte e, ahimè, qualche Ferrari. Catering: spesso El Toulà o Celeste. Location del ricevimento: la villa cortinese dei nonni, scherziamo? Poi, la stagione seguente, tutti in bella mostra sui patinati magazine cortinesi: «Mio Dio, siamo finiti in piazza, come hanno saputo ? Ma… io ci sonooooo ?»
Adina Agugiaro
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