Belluno, produzione industriale in stallo
Nel secondo trimestre 2025 registrato nel manifatturiero solo un più 0,1%. Male anche l’occhialeria

Indagine di Unioncamere Veneto. «L’indicatore che ci guida nella lettura dei dati dell’indagine di Unioncamere del Veneto del secondo trimestre 2025 è, a mio avviso, il passo congiunturale della produzione manifatturiera» commenta Mario Pozza il Presidente della Camera di Commercio di Treviso-Belluno|Dolomiti. Che sottolinea: « Per Belluno il passo congiunturale della produzione è stazionario, e stabile, al 67%, è anche il grado di utilizzo degli impianti».
Sono in recupero su base congiunturale i settori del “made in Italy”, in particolare moda, molto probabilmente per effetto di “anticipo-domanda” del mercato statunitense, e legno arredo. Tuttavia, questo rimbalzo non inverte la tendenza annua del legno arredo, in negativo rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. L’occhialeria sconta, invece, una flessione per tutti gli indicatori monitorati, ad eccezione di un rimbalzo per la raccolta ordinativi esteri. Per questo comparto anche il grado di utilizzo degli impianti manifesta una significativa discontinuità rispetto al passato.
Per i macchinari, dall’altro lato, oltre alla produzione, sono in aumento su base congiunturale anche tutti gli altri indicatori, e in aumento è anche la raccolta ordini su base tendenziale. Un dato in sé positivo considerate le flessioni registrate, a trimestri alterni, nel passato. Una conferma di possibili funzionamenti di filiera, la riscontriamo anche nei dati sull’occupazione di Veneto Lavoro. In particolare, per la metalmeccanica regionale nei primi sei mesi del 2025 i saldi occupazionali sono positivi, e più elevati del primo semestre 2024. «Segnali forse, di una possibile, auspicabile, ripartenza del manifatturiero. Ora però questi possibili segnali vanno sostenuti, soprattutto va sostenuta la produttività delle nostre imprese, stimolando la domanda, anche con aumenti salariali».
Stati Uniti, uno dei nostri principali partner economici: «Nel breve periodo il timore dei dazi ha favorito l’intensificarsi degli scambi commerciali verso questo mercato. Ma nel medio-lungo periodo la tenuta dell’export verso gli USA dipenderà, in primo luogo, da quale sarà l’effetto dazi sui prezzi finali, anche al netto di una condivisione dell’aumento con gli importatori statunitensi. In secondo luogo, se si possano innestare degli effetti sostituzione per i prodotti a basso valore aggiunto, più esposti ad essere rimpiazzati con tipologie analoghe ma economicamente più convenienti; terzo, se vi saranno scelte di rilocalizzazione industriale sul suolo americano da parte di produttori europei e italiani (anche qui, con dei dubbi riferibili alla supply chain manifatturiera americana, se davvero in grado di prendere il posto di quella europea a parità di competenze e competitività)».
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