"Tarzan" Roffarè, la palla ovale sotto il braccio e un lungo girovagare in provincia

Luca Maciga / ALPAGO
Rambo e la palla ovale. Questo è Tiziano Roffarè, classe 1973, uno tra i rugbisti che in un modo o nell’altro ha segnato la storia delle squadre bellunesi. Certo, perché lui detiene un piccolo record: è con ogni probabilità l’unico giocatore ad avere vestito le casacche di Alpago, Belluno e Feltre. A memoria non vengono in mente altri giocatori che abbiano percorso la strada di Roffarè. La sua carriera è lunga, ricca di spostamenti; ma ovunque sia stato si è fatto apprezzare. In realtà Roffarè, essendo un alpagoto originario di Plois, ha iniziato l’avventura rugbistica nella conca. Infatti i primi passi sono stati mossi in riva al lago nel 1984, quando Sante Piazza e Celeste Bortoluzzi (i due indimenticati presidenti rispettivamente di Alpago e Belluno) portarono il rugby in Alpago. Nel 1988 avviene il trasferimento a Belluno e lì Roffarè resterà fino al 1997, giocando alcuni anni in A2. Poi il ritorno in Alpago fino al 2004, quando i gialloverdi conquistarono la storica promozione in B.
La stagione seguente sarà ad Udine in serie A con la squadra allenata dai bellunesi Gigi Liguori e Gustavo Dalla Cà. Quindi il ritorno in Alpago per una stagione, per poi trasferirsi a Feltre nel 2006 per due stagioni in serie B. Finita questa esperienza c’è il passaggio a Villorba per un anno sempre in serie B. infine, dal 2009 il ritorno in Alpago dove termina la carriera da giocatore.
Tutto qua? Neanche per sogno. Roffarè ha timbrato una presenza in nazionale under 18, in cui ha avuto l’onore di contribuire ad una vittoria, in amichevole a Genova contro la Francia, nella stagione 1989-1990. Oltre a ciò ci sono state altre convocazioni azzurre durante le quali ha partecipato a degli allenamenti a Tirrenia. Purtroppo in nazionale non ha avuto molta fortuna poiché, nel suo ruolo di mediano di mischia, ha dovuto competere con il pari età Alessandro Troncon, punto di riferimento della Benetton e della nazionale maggiore. In questa situazione era stato schierato come centro.
Il fiore all’occhiello rimane la storica promozione in serie B con il suo Alpago, come sottolineano le sue parole,
«È stata la ciliegina sulla torta della mia carriera, anche se di bei momenti ne ho vissuti altri, per esempio quando giocavo ad Udine con Alessandro Zanni, anch’egli ex giocatore della nazionale, o quando ho disputato la partita d’addio. Nell’annata 2002-2003 il presidente era Sante Piazza e gli allenatori erano Mino Lunardon e Dario Chies. I due tecnici hanno fatto un lavoro eccezionale portandoci in finale a conquistare la serie B. Eravamo un bel gruppo, peccato però che nessuno di loro faccia parte dello staff odierno dell’Alpago. Di questo sono molto dispiaciuto».
Veniamo alla finale con il Monselice. Cos’è successo?
«Abbiamo giocato in campo neutro a Villorba. Il primo tempo perdevamo 17-0. Dopo il riposo abbiamo sovvertito tutto vincendo 27-25, giocando in 13 gli ultimi dieci minuti. È stata una gran battaglia in cui è successo di tutto».
Con il Belluno ha iniziato a giocare in A2 con qualche compagno importante…
«Giocavo nelle giovanili e venivo convocato da Michael Rennie ed ho avuto l’onore di giocare con uno degli ultimi neo-zelandesi, Grant Morris. Era un grande rugbista, umile, educato e sempre pronto a lavorare per aiutare la squadra. Un uomo dalla grande diligenza che ci ha trasmesso un po’di spirito neozelandese. In campo poi eravamo molto in sintonia in quanto all’epoca giocavo primo centro e lui, essendo terza linea e flanker, dava un bel sostegno. Un altro bravo compagno di squadra era l’attuale allenatore dell’Alpago, Gigi Liguori, per il quale ho sempre avuto molto rispetto; l’ho sempre ritenuto un gran conoscitore del rugby ed ha sempre avuto un grande amore per questo sport».
Anche con l’Udine in serie A ha avuto qualche compagno di tutto rispetto…
«Innanzitutto c’era Alessandro Zanni, ex nazionale che però quella stagione non giocò molto. Poi c’erano alcuni stranieri molto forti come il neozelandese Andrew Heney, l’australiano, naturalizzato italiano, Evan Barea, il canadese Frank Ienna e l’inglese Daniel Kilton. Non ero comunque l’unico bellunese a Udine. Oltre agli allenatori Liguori e Dalla Cà, c’era Alfio Pedol che lì aveva fatto le giovanili».
Nel suo girovagare per la provincia ci sono anche gli anni a Feltre. Come mai quest’esperienza?
«All’epoca c’erano delle selezioni giovanili ed in quelle occasioni ho potuto conoscere altri giocatori e nel Feltrino avevo tanti amici e, nonostante ci dessimo battaglia in campo, fuori poi si mantenevano dei buoni rapporti. L’Alpago era appena retrocesso in serie C ed il Feltre invece giocava in serie B. I granata mi hanno cercato ed io, che ormai ero a fine carriera, mi ritrovavo ad avere l’opportunità di giocare ancora in B, quindi andai molto volentieri. Ho giocato due stagioni, in cui ci siamo sempre salvati, però a metà della seconda mi sono rotto il legamento crociato e sono rimasto fermo. Ma ho avuto la fortuna di giocare con Simone Canton, Nicola Gabrielli, l’attuale allenatore Andrea Barp, Devis Conte, Enrico Cappelletti. Inoltre collaborava già l’attuale presidente Aspodello».
Ci racconti la sua unica partita in nazionale juniores contro la Francia…
«C’è stata una vittoria schiacciante. Io sono entrato a partita iniziata. In quell’occasione ho giocato centro e c’è stato anche un bell’ episodio che mi ha coinvolto. C’era un mio compagno di Genova, che quindi giocava in casa che, grazie ad un mio calcio da cecchino, ho messo in condizione di andare in meta. A fine partita il ragazzo mi ringraziò tantissimo». —
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