Il “bellunese” Marcon, sparring dei big a Roma

ROMA. Dritto e rovescio con Nadal. Ci sono occasioni che capitano una volta sola nella vita. E non a tutti. L’ha avuta Riccardo Marcon, tennista italo-austriaco, padovano di adozione, che per una settimana si è allenato sui campi del Foro Italico con i big del circuito mondiale. Giocatori del calibro di Nadal (che gli ha fatto i complimenti per il dritto), Raonic, Gulbis, i fratelli Brian, Ana Ivanovic, Francesca Schiavone.
Riccardo lavora al centro sportivo Plebiscito, a Padova, ma nel suo sangue c’è anche un pò di Belluno: la mamma è austriaca, il papà, un passato da campione nello sci di fondo (sciava per le Fiamme gialle), di Gosaldo. Lui è nato a Leibnitz, città che ha dato i natali anche a Thomas Muster, ha vissuto in Piemonte, a Treviso e da quattro anni è a Padova. A Roma è arrivato grazie alla vittoria all’Open del Plebiscito, torneo che dava il pass per le pre-qualificazioni agli Internazionali d’Italia. Nonostante la sconfitta al secondo turno contro Cecchinato, 159 al mondo, il suo tennis ha impressionato gli organizzatori, che lo hanno richiamato per fare da sparring ai big. «Sono stato a Roma una settimana», racconta. «Ho potuto di vivere il torneo dall’interno, di vedere come i giocatori trascorrono le loro giornate. Curano molto i dettagli, non lasciano nulla al caso: dall’alimentazione all’aspetto psicologico, soprattutto le donne, dallo stretching alla meditazione».
Con chi ti sei allenato?
«Con Ana Ivanovic, più volte, con Carla Suarez Navarro, Madison Keys, Shahar Peer, Francesca Schiavone. Fra gli uomini con Rafael Nadal, Milos Raonic, Dolgopolov, Stepanek. E Gulbis, che mi ha impressionato per la velocità di palla. Quella di Nadal è più pesante, ma quella di Gulbis ha una velocità incredibile».
Com’è avere dall’altra parte della rete il numero 1?
«Superata l’emozione dei primi minuti, è andata bene. Fino a quando non ti muove troppo, riesci a tenere il ritmo, quando angola i colpi è più difficile. Ha una capacità incredibile di aprirsi il campo. E poi ti rimanda tutto. È stato divertente quando Toni (zio-allenatore di Nadal, ndr) mi ha chiesto che classifica avessi. Gli ho spiegato che non ho punti Atp, lui e Rafa mi hanno fatto i complimenti per il dritto. Di Nadal mi ha impressionato la sua concentrazione: quando entra in campo si isola dal mondo, di testa è fortissimo».
Anche i fratelli Brian sono rimasti colpiti?
«Mi hanno chiesto di far loro da sparring al Roland Garros. Pensavano giocassi lo Slam e che fossi tra i primi cento al mondo. È stato divertente giocare con loro, si respira l’intesa che hanno».
Mai pensato di fare il professionista?
«Ci ho provato. Nel 2007 sono arrivato 1038 al mondo, ma la mia carriera è stata piena di infortuni. Adesso, risolti i problemi, sto esprimendo il mio miglior tennis. Mi diverto ancora a giocare, ho solo 29 anni (è 2.3, ndr), ma la mia priorità è l’insegnamento. Lavoro per il Cs Plebiscito da quattro anni, curo il settore femminile e sono maestro nazionale. Questa esperienza al Foro italico mi ha arricchito molto, ma non ho perso di vista la realtà».
Alessia Forzin
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi