Gaspari, una vita nella pedana dell’asta

A Torino è arrivato il titolo mondiale Master a 73 anni, nella stessa città in cui vinse il tricolore assoluto ben 52 anni fa
Di Ilario Tancon

BELLUNO. Torino nel destino. L’antica capitale d’Italia è legata a filo doppio con la carriera di Mario Gaspari, il SuperMario dell’Atletica Dolomiti: qui, infatti si è vestito dei colori dell’iride World Master Games che proprio nel capoluogo piemontese, ha vinto il titolo iridato di salto con l’asta della categoria Master70. E proprio qui, 52 anni fa, vinse il titolo italiano assoluto di salto con l’asta. Qui, ancora, nel 1963 pose fine alla sua carriera dopo che la federazione, durante un incontro internazionale, gli disse di arrangiarsi dopo che un compagno di squadra gli ruppe l’asta cui avrebbe dovuto gareggiare. Una passione e una storia intensa quelle di Mario Gaspari e l’asta, disciplina spettacolare, affascinante e di nicchia. Una storia cominciata ai tempi della scuola.

«Mi sono innamorato dell’asta nel 1957, facevo la terza superiore all’Iti di Belluno e, nella zona sportiva dell’ex Gil, dove ora sorge il tribunale, vidi uno che saltava. Ne rimasi affascinato. Provai e subito saltai più di lui che era considerato il più bravo. Mezzora dopo ero tesserato per l’Atletica Belluno, tre giorni feci la mia prima gara. Tempi eroici, di divertimento assoluto».

Poi vennero le Fiamme Oro. «Sì, trascorsi i 21 mesi del militare, tra 1961 e 1962, a Padova, alla sezione atletica della Polizia. Lì potevo allenarmi al meglio. Proprio in quel periodo, tra le altre cose, iniziò la produzione di aste flessibili. Crebbi molto tecnicamente, tanto da riuscire a vincere il titolo italiano assoluto nel 1962, a Torino, saltando 4,05, misura discreta. In quegli anni cercai anche di realizzare il record italiano, senza riuscirci. Mi presi anche la soddisfazione di stabilire il mio personale a 4,30 e di vestire, in qualche incontro internazionale, la maglia azzurra. Nel 1963, intanto, ero passato alla Coin Mestre».

Anno fatale, il 1963. «Sì, misi fine alla mia carriera. Eravamo a Torino a un triangolare Italia - Francia - Russia. Prestai l’asta e un compagno. La ruppe e io mi trovai senza. La federazione non mi venne incontro e chiusi con l’atletica e con l’asta. Mi iscrissi all’Isef, mi diplomai e iniziai a insegnare nella scuole della città: dal Classico alla Ragioneria all’Iti. Non saltai per diversi anni. Ripresi a fare gare, tra i Master, negli anni Ottanta in maglia Manzotti Citroen. Da allora ho continuato, più o meno costantemente. E mi sono tolto belle soddisfazioni: ad esempio, il bronzo MM 70 agli European master games di due anni fa a Lignano o il titolo tricolore di un mese fa a Orvieto. Per arrivare all’iride di domenica scorsa a Torino».

Che gara è stata quella piemontese? «C’era qualcuno accreditato con misure superiori. Ma si vince in pista, non sulla carta. Così ho vinto io, con 2,60. Misura ottenuta anche dai miei avversari ma i nulli hanno fatto la differenza. Ma al di là dei risultati, partecipare a gare internazionali master è bello per un insieme di cose. Innanzitutto perché devi metterti in gioco, prepararti (negli ultimi mesi Gaspari si allenava tre volte a settimana, ndr), fare i conti con giornate dove ti alzi alle 5 per iniziare a saltare alle 8, magari con temperature, come domenica a Torino, che superano i 35 gradi. Ma poi è bello perché queste gare ti permettono di fare turismo, di conoscere persone nuove e incontrare vecchi amici».

Quali doti servono a un saltatore? «La velocità e la coordinazione. Ma anche tanta forza negli arti superiori e negli addominali. Senza dimenticare il coraggio: quando “pianti” non devi avere esitazioni o paure».

Il più grande saltatore? «Sergej Bubka. Fortissimo, veloce. In quei 40 metri di rincorsa esplodeva. Favoloso».

Oltre che atleta, lei è anche tecnico e giudice di gara. Si riposerà dopo questo titolo iridato? «Vedremo. Intanto, nelle prossime settimane sarò impegnato nel dare una mano al Gp di atletica del Csi che si svolgerà proprio a Belluno».

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