«Apprezzo gli atleti che sanno costruirsi una vita a fine carriera»

SAN VITO DI CADORE. 78 anni il prossimo 25 novembre, Giovanni Battista Pordon, dal 1960 vive negli Stati Uniti. Meglio, fa la spola tra Italia e Nevada. «Prima di tornare in Italia, dopo l’incidente,...

SAN VITO DI CADORE. 78 anni il prossimo 25 novembre, Giovanni Battista Pordon, dal 1960 vive negli Stati Uniti. Meglio, fa la spola tra Italia e Nevada.

«Prima di tornare in Italia, dopo l’incidente, seppur acciaccato e spostandomi con le stampelle, girai un po’ per gli States, visitando tra l’altro la colonia di sanvitesi di Clifton, New Jersey. Tornato in Italia, fui operato al femore al Codivilla: rimasi lì qualche mese tra gesso e riabilitazione. Nel luglio del 61 tornai in Nevada a sposare Barbara. A Reno, dove ci stabilimmo, c’erano e ci sono tanti italiani: originari in particolare di Lucca, Genova e Torino».

Dopo il matrimonio arrivarono due figli: Jamie e Geremia. A Reno “Tita Pito” continua a vivere, alternando la vita americana con lunghi soggiorni a San Vito. La moglie Barbara non c’è più, scomparsa per un tumore nel 1996. Dopo la conclusione della carriera di sciatore, Pordon ha fatto il maestro di sci e l’allenatore, il direttore dello ski resort St. Rose, nei pressi di Reno, e l’albergatore.

«Alcune cose mi sono andate bene, altre meno bene. È comunque a cadere e perdere che impari e cresci. Quello che ho sempre cercato di fare nella vita è scoprire, inseguire un desiderio, realizzare una visione ».

Quanto le pesa il rammarico per una carriera che si è interrotta proprio sul più bello?

«Nello sport e nella vita bisogna saper reagire. In determinate situazioni devi avere coraggio. E se non lo hai devi trovarlo, altrimenti non vai avanti. Senza l’infortunio che cosa sarebbe stato della mia vita? Forse avrei fatto un’altra olimpiade, o forse due. E poi? È andata diversamente e io guardo tutto con occhio positivo: ho scoperto il mondo, ho vissuto una vita intensa. Lo sport non deve essere l’orizzonte ultimo di un atleta. Non bisogna esaltarsi troppo per i successi perché l’esaltazione ti sballa. Apprezzo quegli sportivi che sanno costruirsi una vita o una carriera dopo aver smesso con le gare: penso, ad esempio, a Pirmin Zurbriggen. Ma sa anche chi mi piace?».

No, dica.

«Max Blardone. È stato un grande atleta e ora è un bravissimo commentatore: sa parlare, sa lasciar parlare, sa tacere. È intelligente e preparato».

Degli sciatori a stelle e strisce cosa pensa?

«Il migliore come tecnica è Ted Ligety: spettacolo puro. Lindesy Vonn e Bode Miller? La loro forza è data dal carattere speciale che hanno». (i.t.)

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