Alessandro Gazzi guida l’Alessandria verso la B

Il centrocampista di Santa Giustina si racconta, alla vigilia dei playoff di C

ALESSANDRIA. Non gli sono mai piaciute le luci dei riflettori. Senza retorica, ma nella sua carriera Alessandro Gazzi ha sempre preferito far parlare il campo. E così questo ragazzo di Santa Giustina, adesso diventato uomo, marito e padre di famiglia, si è tolto delle grandi soddisfazioni. La salvezza miracolosa con la Reggina di Walter Mazzarri, la promozione a Bari, l’Europa League indossando la gloriosa maglia del Torino… In estate Ale è sceso in C, perché l’Alessandria puntava forte su di lui per salire in cadetteria. Ci proverà con i playoff, ma intanto è già finita in bacheca la Coppa Italia di categoria ed alzare un trofeo, capite bene, fa sempre tanto piacere.

Qual è il primo bilancio della stagione, al di là dei playoff con i quali proverete a centrare la serie B?

«Dal punto di vista personale ho un piccolo fastidio muscolare, ma sto recuperando in vista dell’inizio degli spareggi. A livello di collettivo, è stata la classica stagione da definire particolare. Abbiamo cominciato incontrando parecchie difficoltà, poi dopo il cambio di allenatore (da Christian Stellini a Michele Marcolini, ndr) abbiamo agguantato il sesto posto ma soprattutto è arrivata appunto questa Coppa Italia, che consentirà di iniziare i playoff dalla terza fase al via domenica».

Alessandria e la Coppa Italia hanno da sempre un bel rapporto. Qualche stagione fa la cavalcata in quella dei grandi, interrotta solo in semifinale contro il Milan. Stavolta il successo nell’ultimo atto contro la Viterbese.

«Sai, da anni qui non vincevano nulla e i tifosi meritavano una soddisfazione del genere. Adesso però sarebbe da completare l’opera tornando in serie B. Mica facile, comunque. Ci sono ancora 19 formazioni in ballo, e un solo posto disponibile. Bisogna essere nella condizione migliore e reggere un mese di partite. Poi chiaro, è un piccolo vantaggio partire dal terzo turno, perché chi arriva nono o decimo ha di sicuro meno possibilità di andare fino in fondo. I valori delle squadre verranno fuori, dunque vediamo cosa accade. Noi di sicuro siamo pronti».

Che ambiente hai trovato in Piemonte?

«Situazione non facile. Avevano perso da poco la finale playoff a Firenze contro il Parma, soprattutto dopo un campionato in cui hanno subito l’incredibile rimonta della Cremonese negli ultimi tre mesi. Arrivato qui percepivo lo stato emotivo dei tifosi, ma ho capito che bastava poco per ridar loro entusiasmo. E ciò è reso più semplice dalla serietà della società».

Come mai Gazzi passa dalla serie A alla C?

«A maggio ho concluso un’annata, diciamo così, parecchio travagliata a Palermo. L’obiettivo era rimanere nella massima serie ma non ci siamo riusciti. Dopo sono accadute tante cose, fino alla risoluzione del contratto. Avevo alcune possibilità di scegliere dove giocare, anche in B, ma l’Alessandria è stata quella più convincente. Hanno inciso diversi fattori: quello tecnico, della sistemazione familiare ma soprattutto le prospettive di crescita della squadra».

Ci racconti Zamparini presidente?

«Premessa: non lo ho visto molto nel corso dell’anno. Comunque i risultati parlano chiaro, e lui ha saputo portare Venezia e Palermo ad un altissimo livello calcistico. Che sia “vulcanico” è un dato di fatto, ma quando mi è capitato di sentirlo parlare, ha dimostrato grande personalità e carattere».

I tuoi anni più belli sono quelli al Torino?

«Mettiamola così. Dal punto di vista dei risultati ho raggiunto i traguardi migliori lì. Insomma, ho potuto giocare da protagonista l’Europa League, ho vinto il derby con la Juventus… Però pure gli anni di Bari e la stagione al Siena restano ricordi indelebili».

Hai parlato del derby della Mole. Ricordi, sensazioni su questa rivalità?

«La sentivano soprattutto i tifosi granata rispetto ai colleghi bianconeri. Una stracittadina atipica, perché rispetto a Milano, Genova o Roma a Torino c’è una squadra nettamente più forte dell’altra. Forse parecchi anni fa l’equilibrio era maggiore».

Parli di Toro e pensi a Giampiero Ventura, l’allenatore forse meno amato in Italia da qualche mese a questa parte… Proprio lui, che è stato così importante per la tua carriera.

«Uscire dal mondiale non può essere un bel risultato per il movimento calcistico italiano. Ma in fondo dai, era una situazione che maturava da ormai una decina d’anni. Dopo la vittoria nel 2006 siamo sempre andati in calando, e lo dicono i risultati. Le sue responsabilità nell’eliminazione ci sono, però si tratta di colpe da dividere tra varie componenti. Credo il tempo sarà buon giudice, e in ogni caso fa sempre comodo avere un capro espiatorio…».

A proposito di allenatori: a Bari avevi un certo Antonio Conte.

«Stagione 2008-2009, vittoria del campionato di serie B. Sai, dai primissimi allenamenti si percepiva una preparazione di alto livello. Soprattutto però di lui mi ha sempre colpito la voglia di vincere. Direi che poi ha dimostrato tutto il suo valore, portando a vincere una Juve reduce da due settimi posti, raggiungendo i quarti di finale all’Europeo con una Nazionale non tra le più quotate e conquistando la Premier League al primo tentativo».

Al Toro hai condiviso lo spogliatoio con Ciro Immobile, quest’anno devastante a livello realizzativo.

«Mai un dubbio sul fatto che potesse mantenere questi livelli. È forte e lo sta dimostrando. Certo, magari quando ha tentato l’esperienza all’estero con Borussia Dortmund e Siviglia non è andata benissimo, ma andando fuori dall’Italia si possono incontrare delle difficoltà».

Ma c’è una partita della tua carriera che vorresti rigiocare a tutti i costi?

«Sì, l’ultima di Europa League contro la Zenit, ritorno degli ottavi di finale. Perso 2-0 in Russia, al ritorno creiamo varie occasioni ma troviamo il gol solo nei minuti finali con Glik e usciamo».

Per quanto ancora continuerai con il calcio giocato?

«Penso sia difficile programmare una data precisa in cui appendere gli scarpini al chiodo. Le variabili sono tantissime. Di sicuro la voglia di scendere in campo non mi manca».

E la scrittura? Il tuo sito www.alessandrogazzi.it è stato al centro delle attenzioni anche dei media nazionali.

«Un mezzo attraverso il quale descrivere situazioni, sensazioni che provo e percepisco mentre gioco. Ultimamente gli dedico meno tempo, gran parte del tempo libero va dedicato alla famiglia, però rimane un bel divertimento».

Le tue bimbe hanno passione per il calcio?

«No no: una fa pallavolo, una ginnastica e l’altra danza. Mi specializzo in varie discipline…».

Chiudiamo con la domanda più difficile. Chi vince il torneo Plavis? Sarà l’anno del “tuo” Sartena, che da un po’ di tempo aspetta di trionfare?

«Non saprei, so che i due gironi sono di ferro… Però dai, è stata parecchio strana come annata: l’Italia non si è qualificata ai mondiali, quindi perché i miei amici neroverdi non possono mettere il loro nome nell’albo d’oro del Plavis?».

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