Dall’autogrill agli accampamenti, viaggio verso l’adunata di Biella tra canti, tradizioni e prodotti del cuore

Lungo la strada verso la 96ª Adunata nazionale, penne nere da Friuli e Veneto si ritrovano tra salumi, ricordi di leva, batecul e fanfare al femminile: “Essere alpino è rispetto, amicizia e memoria”

Viviana Zamarian

L’adunata è un autogrill. È un canto alpino che si leva tra le auto e i camion parcheggiati. Perchè la meta è Biella, certo (chiamatela destinazione felicità per le penne nere del Friuli Venezia Giulia e del Veneto). Ma anche il viaggio conta. Eccome. Perchè diventa occasione per ritrovarsi, stare insieme, condividere i prodotti tipici che ognuno porta dal suo paese da dove al mattino presto è partito per raggiungere l’adunata nazionale, la numero 96. Come gli alpini di Campoformido, caffè alle 8, e poi via in furgone o quelli di Bassano del Grappa.

Dal Nord Est verso Biella, tra canti e banchetti con prodotti a km0: i gruppi degli alpini si fermano in autogrill

Ore 11.30, tappa a Desenzano. La sosta che diventa conoscenza, testimonianza, condivisione attorno a un tavolino. Ecco gli alpini dei gruppi di Resia vicino al loro furgone. «Portare questo cappello vuol dire ricordare i 12 mesi di leva dove ti insegnavano a dire signor sì, buongiorno e il rispetto delle regole che è quello che manca alle nuove generazioni» dice Franco Revelant degli alpini di Resiutta.

Verso Biella, il racconto dell'alpino di 81 anni: "Portiamo in giro i nostri valori"

Ce lo raccontano anche i cugini Olimpio e Gianluigi Casanova Crepuz, Omar Somian, Fabrizio Comis, Mauro Pinaccia, Ernesto Comis, ma per tutti Gino, che da ragazzo aveva lavorato come cuoco in hotel a Lignano e Jesolo. Loro penne nere del gruppo di Costalta, Belluno. Sul tavolo, formaggio di Costalta, salame di Lozzo di Cadore, pancetta di Santo Stefano di Cadore. «Assaggiali che ne vale la pena – dicono spiegando cosa è per loro l’adunata – Il vino una parte di Conegliano – aggiunge Gianluigi –, mio paese d’origine. È bello scoprire nuove città come Biella portando comunque i nostri prodotti tipici».

Biella si riempie di penne nere: al via l’Adunata nazionale degli Alpini

Mancano poco più di 200 chilometri, ma la si avverte già l’atmosfera che si rinnova a ogni adunata. Ce lo ricorda Mario Balcon. Lui ha 81 anni punto di riferimento del gruppo di Limana (Sezione di Belluno) e nel cuore ha l’edizione di Latina. «Quando si va all’adunata è un’occasione per ritrovarsi – afferma –. Essere alpino vuol dire avere fatto un servizio militare che è servito a imparare e ad avere rispetto per gli altri e soprattutto la disciplina». Ci si dà appuntamento là, in Piemonte. All’uscita del casello autostradale di Carisio, le strade sono già vestite di tricolore. Le bandiere sventolano da ogni finestra, nastri e coccarde decorano i giardini, i cartelli di benvenuto agli alpini si susseguono. Arriviamo alla meta. E Biella ci accoglie, tra i suoni della bande e i canti alpini. Con le sue viuzze gremite, all’ombra del duomo di Santo Stefano. Un rumore attira l’attenzione di tutti. Ripetuto, secco. È il batecul, lo strumento che si usava al Venerdì Santo per segnare il mezzogiorno nei paesi quando le campane smettevano di suonare l’ora. Ed è una tradizione che gli Amis di Varian (Sezione di Udine) rinnovano.

Da Variano a Biella con il “Batecul”: padre e figlio portano il suono della Pasqua friulana

Da padre in figlio. Denis Pontoni, 75 anni, e Flavio, 46, la portano avanti «perchè non vogliamo che vada dispersa». Incontriamo il gruppo degli alpini di Cividale, che sventolano con orgoglio la bandiera del Friuli. Arianna Nanino e Ilaria Madrisotti fanno parte della fanfara FriulAna tutta al femminile «un’esperienza bellissima» raccontano. Ecco gli alpini di Forgaria nel Friuli, ecco quelli della sezione di Padova che raccontano di un legame stretto, indissolubile con il Friuli. Le vie si riempiono di voci, canti. E di emozioni. 

Gli alpini di San Gregorio: “Veneti sì, ma col cuore in Friuli”

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