Violenza psicologica e abusi sessuali sui soldati della Salsa

Un caporal maggiore è a processo con accuse pesanti da parte dell’intera squadra che addestrò nel luglio 2010
Di Irene Aliprandi

BELLUNO. Costretti a masturbarsi e poi a “portare le prove” del gesto. Insultati, umiliati, puniti con allenamenti massacranti e infine indotti ad abbandonare il Modulo K se non erano all’altezza dei soldati migliori. Emergono particolari inquietanti nel comportamento del caporal maggiore Sergio Ramondetta, meno di trent’anni, originario di Siracusa e in servizio al Comando Truppe Alpine, a Bolzano. Nell’estate del 2010, nel mese di luglio, Ramondetta fu mandato a Belluno con il ruolo di istruttore delle giovani squadre di soldati, ma in quel breve periodo il caporal maggiore si mise contro tutta la sua squadra, tredici uomini che l’hanno denunciato per violenza privata, estorsione e violenza sessuale.

Il processo, che ha anche un filone al tribunale militare di Verona, è entrato nel vivo con l’udienza di ieri, quando il collegio formato dai giudici Antonella Coniglio, Elisabetta Scolozzi e Cristina Cittolin ha ascoltato i primi testimoni chiamati dal pubblico ministero Simone Marcon. Tra le persone sentite c’era anche una delle 13 parti offese, i soldati che prendevano parte al Modulo K, o Kombat, un addestramento particolare che comprende l’uso di alcune armi tattiche e il movimento in montagna.

Il testimone, ora uscito dall’esercito, ha raccontato quanto successo in quel periodo con un buco di una settimana in cui l’ex soldato si trovava in licenza. Una settimana decisiva, perché alcuni degli episodi più gravi attribuiti a Ramondetta si sarebbero verificati proprio in quei giorni, nei quali i soldati andarono anche a Gemona per un addestramento particolare. L’episodio della masturbazione sarebbe avvenuto a Gemona, ma a Belluno le cose non andavano molto meglio.

Il testimone ha spiegato che ogni squadra aveva due istruttori, ma sostanzialmente i ragazzi passavano la maggior parte del tempo con uno solo, Ramondetta. Il caporal maggiore era particolarmente duro con i giovani meno resistenti all’addestramento. «Mi rinfacciava e puniva tutta la squadra ad ogni mio errore, dicendo “ringraziate il vostro compagno”». Alcuni soldati, i meno bravi, furono sistemati in una stanza separata dagli altri e chiamata la camera “dei cani morti”, insulto che a quanto pare Ramondetta avrebbe ripetuto spesso ai soldati, insieme ad altri più “classici”. Il testimone finì in infermeria più volte, per vesciche ai piedi, svenimenti e crisi di pianto in occasione di un lutto in famiglia, aggravato dallo stress psicologico provocato dall’addestramento. Il ragazzo, nato all’estero, si sentì anche dire: “l’esercito è solo per italiani”, fino a ritrovarsi a firmare un documento sotto dettatura dello stesso istruttore per uscire dal modulo K. Il caporale, che lo accusò di essere psichicamente anormale, cercò anche di far credere che il ragazzo aveva tradito i compagni, ma alla fine di una lunga serie di angherie subite da quasi tutta la squadra, tra le quali bere alcolici in costrizione, i soldati decisero di ribellarsi e di parlare con il comandante della compagnia. Dopo quel confronto Ramondetta fu rimandato a Bolzano e scattò la denuncia. Il processo è stato rinviato.

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