La musa di Warhol al Fulcis: «Non era mai soddisfatto»

Regina Schrecker ha posato davanti al suo ritratto al terzo piano del museo. «Mi invitò alla Factory e mi scattò decine di foto con l’inseparabile Polaroid»

Regina Schrecker al museo Fulcis davanti al suo ritratto
Regina Schrecker al museo Fulcis davanti al suo ritratto

La protagonista di un’opera ospite del museo Fulcis. È arrivata a sorpresa, con un piccolissimo preavviso, giusto il tempo di organizzare un tour serale fuori orario. Regina Schrecker, musa di Andy Warhol, ha scelto di omaggiare con la sua presenza la mostra in corso a Palazzo Fulcis. Complice il rapporto di amicizia che la lega da anni al curatore Gianfranco Rosini, Regina Schrecker ha portato un momento carico di emozione che ha illuminato la mostra dedicata ad Andy Warhol, lasciando dietro di sé un’aura di fascino e memorie.  Celebre icona della moda e musa dell’artista, durante la visita ha ripercorso gli anni d’oro della Factory, luogo mitico in cui si respirava creatività e libertà. Ritratta da Warhol in due dipinti straordinari, ha condiviso con lui una sincera amicizia, fondata su una reciproca stima e sull’amore per l’arte e l’innovazione.

Regina Schrecker con Andy Warhol davanti al suo ritratto
Regina Schrecker con Andy Warhol davanti al suo ritratto

«Quando creava, non era mai contento delle sue cose. Doveva sempre lavorarci sopra, di nuovo», racconta, rievocando il perfezionismo e l’instancabile spirito artistico di Warhol,

Regina Schrecker è una figura di spicco nel mondo della moda e dell’arte. Nata in Germania, entra nel fashion system come modella, sfilando per i grandi maestri dell’alta moda a Roma, Firenze e Parigi. In Italia arriva al grande pubblico con la sua presenza in Rai, con la partecipazione a molti indimenticabili “Caroselli” a fianco di Johnny Dorelli, Enzo Jannacci e Walter Chiari. Eletta “Lady Universe” nel 1971, dopo qualche anno vissuto intensamente sotto le luci della ribalta, decide di fare il grande salto e fonda la sua griffe di moda.

Nel 1983, di passaggio a New York, riceve un invito speciale da Andy Warhol: «Mi telefonò in albergo la mattina presto e mi disse: ‘Vieni domani alla Factory perché voglio farti un ritratto, un’opera… una cosa… un qualcosa… Non venire truccata, neanche pettinata”», racconta. «Sono andata da lui la mattina, intorno alle nove e mezza. C’era un truccatore che mi ha truccato il volto e il décolleté sino alle spalle tutto in bianco, come la gouache dei quadri. Perché poi Warhol si metteva a scattare le sue Polaroid, con le varie angolazioni di luci. Partiva da quelle e le lavorava e trasformava, fino a far risaltare solo gli occhi, la bocca e poi l’ombra. Io non ho saputo nulla dell’opera, fino a che non me l’ha portata finita. Nemmeno una di quelle polaroid mi ha dato in anticipo».

È nato così il celebre ritratto che i visitatori della mostra possono ammirare all’ingresso della sala al terzo piano. —

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