Venticinque anni senza verità Arsiè pagò un prezzo altissimo

Il dolore cova ancora sotto la cenere del tempo. Venticinque anni di attesa per una verità mai consegnata alla storia. Quel 10 aprile 1991, in mare, a poche miglia dal porto di Livorno morirono 140 persone. La collisione tra il traghetto Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo causò una tragedia che costò la vita anche a cinque arsedesi che non ebbero scampo. Da allora la morte di Angelo Fusinato, Gianna Padovan, Agostino e Ivan Saccaro, Antonietta Del Tezzon, come di tutte le altre vittime, non hanno trovato una risposta. Domani a Livorno, in occasione della commemorazione di quel disastro ci sarà anche una piccola delegazione di Arsiè, guidata dal sindaco Luca Strappazzon, che accompagnerà alcuni parenti.
Non tutti, però. Ci saranno Antonio Ernelio Faoro, cugino della famiglia Saccaro, e sarà presente anche Manuela Fusinato figlia di Angelo e Angelo Pierobon. Qualcuno ha preferito restare in paese perché gli anni passano e gli acciacchi dell'età si fanno sentire. Angelo Saccaro parteciperà alla messa di suffragio in programma domani alle 10,30 nella chiesa parrocchiale di Arsiè. «Perché al di là dell'appuntamento istituzionale i nostri cari sono sepolti qui», spiega «e poi meno parlo della vicenda meglio è». Perché la ferita è ancora aperta e i ricordi di allora riaffiorano oggi con altrettanta drammaticità: «Avrei dovuto esserci quella volta su quel traghetto, ma allora ero in Svizzera e la scuola negò ai miei figli il permesso di assentarsi. Così io e mia moglie preferimmo raggiungere Milano in aereo seguendo un itinerario diverso rispetto a quello di mio fratello Agostino».
La settimana trascorsa a Livorno fu straziante: «Toccò a noi riconoscere quello che restava dei nostri cari e degli altri morti di Arsiè», racconta ancora Angelo Saccaro. «E pure delle quattro vittime che erano partite dalla provincia di Treviso. Poi tutte quelle notizie confuse che si accavallavano. La comunità di Arsiè ha pagato un prezzo altissimo distruggendo il presente e il futuro di intere famiglie. Ogni volta che ci ripenso rivivo un trauma. Non si può nemmeno immaginare come erano ridotti corpi. Uno strazio».
È trascorso un quarto di secolo ma le responsabilità non sono mai state individuate: «In tanti anni ne ho sentite di tutti i colori, compresa l'ipotesi della presenza di un sommergibile. La verità è che quella petroliera nemmeno doveva stare là. Ormai non c'è più nessuno che può fare chiarezza. C'era ancora un mozzo, ma è deceduto. Anni fa c'è stato anche un suicidio di un altro possibile testimone. Le indagini non hanno mai portato a niente. Secondo me una volta inserito il pilota automatico subito dopo essere usciti dal porto di Livorno l'equipaggio andò a vedere una partita della Juve trasmessa in tivù abbandonando il comando della nave. La visibilità era ottima quel giorno e l'incidente è avvenuto a poche miglia dal porto. Ci fosse stato qualcuno al timone la collisione poteva essere evitata. E poi quella fretta di portare la nave in Turchia per farla smantellare».
Nel 1993 in centro ad Arsiè fu inaugurato un cippo per ricordare quelle cinque vite perdute: «Pagato tutto di tasca mia», dice Saccaro con orgoglio, «il Comune non mise i soldi nemmeno per la lapide». Ma non c'è rabbia nelle sue parole, solo la delusione per una verità rimasta sotto una montagna di interessi incrociati. Lo scorso novembre è stata istituita una commissione parlamentare per tentare di fare luce sulla vicenda. Saccaro non si fa illusioni: «Dopo tutto questo tempo sarà dura. Noi siamo seguiti dallo studio legale Paniz che svolge un lavoro egregio, ma ormai è difficile fare luce sulle responsabilità dei singoli».
Domani mattina il sindaco di Arsiè, Luca Strappazzon, sarà a Livorno indossando la fascia tricolore: «È una data importante ed è doveroso esserci. Quando accadde la tragedia io andavo ancora a scuola ma ricordo bene il clima di tristezza che si viveva in paese. Tra l'altro la mia casa era vicina a quella di Angelo Fusinato e Gianna Padovan. Furono giorni pesanti e a distanza di così tanto tempo», conclude il primo cittadino, «c'è il rammarico di non sapere ancora come le cose siano andate davvero».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi