Vajont, l’Agordino ricorda le vittime

Furono sette le persone originarie della valle del Cordevole che persero la vita il 9 ottobre 1963

VOLTAGO. Il cinquantesimo anniversario della catastrofe, che il 9 ottobre 1963 fece 1910 vittime tra Erto Casso, Longarone, Castellavazzo e altri posti, viene ricordato con profonda emozione anche nell’Agordino perché la storia del Vajont si è intrecciata con varie persone della vallata del Cordévole sia nella fase di costruzione della diga che nella notte della tragedia.

Sono stati infatti molti gli agordini che hanno lavorato al cantiere per la realizzazione della diga, fra cui anche diversi periti minerari. Durante i tre anni dei lavori di costruzione persero la vita sei lavoratori; uno di questi era di Voltago: Giovanni Miana, morto l’8 gennaio 1958 precipitando per 100 metri nel vuoto.

Ma nella notte del 9 ottobre 1963, la notte del disastro, perirono anche sette cittadini, oriundi agordini, che da tempo risiedevano a Longarone: Enrico (Enzo) Comina, 42 anni, medico dentista, e la moglie Elisa, insegnante (era uno degli otto figli di Silvestro, che fu maestro elementare di varie generazioni di scolari); Caterina Comina, 46 anni, cugina di Enzo, ostetrica del Comune di Longarone e comprensorio; Idelma Dalla Porta, 48 anni, di Digoman, pure ostetrica a Longarone, moglie di Antonio Bratti, 54 anni, e madre di Carla, 14 anni e Franco, 12 anni, tutti morti; Giovanni Dai Pra e Matilde Dell’Agnola di Taibon; Sandro De Zolt di Alleghe e Amedeo Nardi di Vallada.

Una catastrofe, quella del Vajont, che nessuno potrà cancellare dalla storia e dalla memoria. Una tragedia che ha provocato duemila vittime e che ha segnato la vita dei congiunti superstiti, ma anche di tecnici scampati per miracolo, come Luigi Rivis, originario di Digoman di Voltago, a quel tempo vice capo della centrale di Soverzene, da cui dipendeva anche la diga del Vajont, e di tanti volontari come Adone Santomaso, pure originario di Voltago, che partecipò fra i vigili del fuoco all’ammirevole opera di soccorso subito dopo il disastro.

Per entrambi «sono ricordi indelebili che rivivono ancor oggi con l’intensa drammatica emozione di allora», non potendo dimenticare al contempo il particolare tributo pagato dal loro paese d’origine, Voltago Agordino: «Quattro persone del paese e altrettanti famigliari travolti dall’onda della diga». (g.san.)

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