Vajont, la centralina arriva in consiglio
In dirittura il primo atto che può avallare la costruzione dell'impianto

Una delle simulazioni del progetto
LONGARONE. E' in dirittura d'arrivo la decisione sull'utilizzo dell'acqua del torrente Vajont a scopi idroelettrici. Dopo le assemblee che sono state fatte nei comuni di Longarone e di Castellavazzo, si avvicina il primo consiglio comunale che deciderà sulla costruzione della centralina. E' quello di Castellavazzo che si riunisce martedì con all'ordine del giorno la delibera di approvazione del progetto e anche la delibera che dà mandato alla società Gsp - Bim di fare l'accordo con i privati. Un accordo che verrà formalizzato entro febbraio. Ieri intanto il progetto è stato presentato a Pordenone, nella sede della amministrazione provinciale, dai sindaci dei tre Comuni coinvolti: Luciano Pezzin, primo cittadino di Erto e Casso, Franco Roccon, sindaco di Castellavazzo e Roberto Padrin, di Longarone.
Il piano presentato a Pordenone è lo stesso che è stato già illustrato a Longarone e Castellavazzo e prevede l'utilizzo della forza del salto del torrente Vajont in uscita dal bypass a valle della diga. La questione morale. Dello sfruttamento dell'acqua a fini energetici del Vajont si ragiona da oltre quindici anni. Il fardello che si porta appresso questa ipotesi è però molto pesante: duemila morti e la distruzione di interi paesi sono di monito per tutti.
La questione morale nel riprendere l'utilizzo dell'acqua che fuoriesce dal canale di bypass della diga non può essere preso alla leggera: non si tratta di una norma scritta, non è vincolata da parametri oggettivi, ma è un valore che ciascuno si porta dentro e che pone dei precisi paletti nel proseguimento del progetto. Di questo ne sono coscienti anche gli amministratori. Tale questione sarebbe stata superata dal favore con cui la gente dei tre Comuni coinvolti (Erto e Casso, Longarone e Castellavazzo) avrebbero accolto il progetto illustrato dagli amministratori locali. «La stragrande maggioranza della popolazione - ha spiegato il primo cittadino Luciano Pezzin - ha accolto con favore il progetto. Dal punto di vista ambientale, l'impatto è quasi zero mentre, economicamente parlando, le amministrazioni future potranno godere di un'entrata importante per le casse comunali».
«Si tratta di un progetto che guarda avanti - ha sottolineato il sindaco Roberto Padrin - nel rispetto della memoria del disastro del Vajont». L'iter. Le giunte dei tre Comuni hanno deliberato l'accordo di programma per la realizzazione dell'impianto in località Ponte Campelli (territorio di Castellavazzo). L'iter procedurale prevede il passaggio nei consigli comunali. Quindi ci sarà la costituzione della società, a maggioranza pubblica, per la costruzione della centrale e della condotta. La società che gestirà a nome dei tre Comuni la produzione idroelettrica sarà la Gsp, la Gestione servizi pubblici (presieduta dal sindaco di Castellavazzo, Franco Roccon). La centrale sarà realizzata dalle ditte Martini& Franchi ed En&En senza alcun onere a carico dei tre Comuni, ai quali sarà corrisposto un canone fisso di 300 mila euro più una percentuale in base ai chilowatt prodotti. Gli incentivi saranno garantiti per 15 anni, mentre la concessione sarà ventennale. Inoltre, saranno anche previsti degli interventi dedicati alla memoria del Vajont.
Il progetto. Sarà sfruttata l'energia prodotta dal salto dell'acqua (circa 170 metri) che fuoriesce dalla galleria di bypass del Vajont. Parte dell'acqua sarà quindi incanalata. Le ipotesi sono due: una segue il canale di derivazione della vecchia cartiera mentre un'altra - attualmente preferita - utilizza la strada di servizio dell'Enel. Entrambe interrate, porteranno alla centrale che sarà ricavata a valle (l'unico manufatto che sarà visibile). L'intero intervento dovrebbe costare circa 10 milioni di euro e dovrebbe richiedere un paio d'anni per la sua conclusione.
«Una volta arrivata a regime - ha spiegato il sindaco Franco Roccon - la centrale avrà una potenza di concessione di 2 Gigawatt. Tanto per fare una proporzione, la potenza della vecchia centrale era di 90 Gigawatt». Nelle scorse settimane il Corriere delle Alpi ha lanciato un sondaggio chiedendo cosa ne pensassero i bellunesi: la maggioranza (ma stringata) ha detto di sì.
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