Una messa per i 101 “caduti della montagna”

Agordo. Partecipata la cerimonia in chiesa. Don Lise: «Un’effusione d’amore che non finisce mai»

AGORDO. «Quei monti che li hanno abbracciati tante volte sono il segno dell’abbraccio di Dio che ora li avvolge per l’eternità». Così l'arcidiacono di Agordo, monsignor Giorgio Lise, ha messo insieme in un'unica immagine la natura, la spiritualità e i 101 “caduti della montagna” ricordati ieri nel corso della tradizionale messa celebrata dallo stesso don Lise con don Mario Zanon e il diacono Sandro Miola nell'arcidiaconale di Agordo.

Una cerimonia voluta nel 1976 dal Coro Agordo (che l'ha accompagnata con i canti), dal suo direttore di allora Salvatore Santomaso e dall’arcidiacono di quel tempo, don Carlo De Bernard (grande appassionato dei monti e autore della stupenda «Preghiera dell’alpinista», letta al termine del rito sulle note di “Montagne addio”), e a cui collaborano la Sezione agordina del Cai, la parrocchia, i Gruppi rocciatori «GIR» di Agordo e «Val Bióis», le stazioni agordine del Soccorso alpino e gli alpini di Agordo- Rivamonte-Taibon.

Don Giorgio si è rivolto alla folla numerosa e commossa che ha ascoltato in silenzio l'elenco dei caduti ai quali, nell'ultimo anno, si sono aggiunti quelli di Ilio De Biasio (morto il 9 aprile sulle vette Feltrine) e di Tullio Armando Del Din (morto il 30 luglio in valle di San Lucano). «Il comandamento dell’amore – ha detto l'arcidiacono - ci interpella questa sera, uniti in questa chiesa nel ricordo di chi ha perso la vita per la passione verso la montagna, o per servizio ed aiuto a chi in montagna aveva bisogno. I loro nomi, i volti, le persone stesse ci scorrono davanti. Ma noi sappiamo che l’elenco non si chiude mai definitivamente per il semplice motivo che, finché ci saranno persone che desiderano salire le vette e finché avremo amici che si mettono a disposizione di altri amici, questa “effusione di amore” non si esaurirà mai». «Perché si ama salire e raggiungere le vette? - si è chiesto don Giorgio - Non è forse per l’intimo desiderio che l’uomo sente dentro, in maniera dirompente, di elevarsi e dare libertà al proprio spirito? Non è forse la volontà, più o meno consapevole, di librarsi oltre le pastoie di questa vita frenetica che tengono l’uomo troppo spesso agganciato a un suolo avaro di bellezza, di limpidezza, di genuinità e di gioia?». «Perché tanti amici non hanno paura di donare tempo, energie e anche la vita per soccorrere chi in questo suo ascendere si trova in difficoltà? – ha proseguito l'arcidiacono - La risposta è nel Vangelo di oggi: l’amore al prossimo ti fa trovare Dio. E l’amore a Dio ti fa sentire custode del tuo prossimo, specie quando è nella necessità”. «Essi – ha concluso rivolgendosi ai familiari dei caduti - hanno celebrato tra le montagne la loro ultima messa, il sacrificio della vita che assomiglia a quello di Gesù: un sacrificio d’amore». (g.san.)

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