Un vecchio rimorchiatore come casa, ma anche negozio dove vendere occhiali

la storia
È stata Bricola, una barca in legno di appena cinque metri, a far incontrare Maria Luisa De Bin e Paolo Beraldo nel 2013.
Lui, 56 anni, è un meccanico con la passione per l’arte, aggiusta i motori e recupera qualsiasi rottame di scarto. Lei, 61 anni, arriva dal Cadore, fa l’ottico di professione e dopo aver girato per mezzo Nord Est si stabilisce a Venezia.
Certo non immaginavano che da quell’incontro fortuito la loro vita avrebbe cambiato diametralmente direzione. Tanto da iniziare una relazione, creare un marchio di occhiali da sole artigianali (Lagoon Eyes) con l’asta a forma di ferro di gondola, decidere di abbandonare la routine quotidiana e trasferirsi a bordo di un rimorchiatore degli anni ’60, di nome Impetus, lungo 25 metri e ormeggiato alla Certosa. Fino a farlo diventare la loro nuova casa, oltre che il loro punto rivendita e un museo di sculture cinetiche galleggianti.
Maria Luisa De Bin è nata a Pieve di Cadore. Finite le scuole, si specializza in ottica e optometria a Calalzo. Da lì, inizia un lungo peregrinare tra negozi e aziende di occhiali. Finisce a Trieste, poi insieme al fratello a Conegliano e a fine anni ’90 viene assunta a Bibione. Si divide tra il lavoro e la famiglia, sente il peso della situazione. Cambia ancora e finisce prima a Treviso e poi a Udine.
È qui che inizia a interessarsi di Venezia. L’annuncio di contributi alle imprese femminili la convince a tentare la sorte in laguna. Così nel 2003 apre il suo primo negozio di ottica alle Guglie, dove resiste fino al 2013.
Un giorno, a causa di un guasto al motore della sua barca, incontra Paolo Beraldo. Lui, nato a Mestre, è un meccanico. A 19 anni inizia a riparare le macchine. Nel 2003 si sposta a Venezia e si dedica alle barche. «Perché», spiega, «nella nautica c’è da lavorare più di fantasia». Un inventore di soluzioni, più che un meccanico vero e proprio. E infatti, grazie al suo “secchio dei miracoli”, dove raccoglie rottami di ogni tipo, si avvicina alla scultura. E scopre un mondo.
Dall’incontro tra i due, nasce un’amicizia che si trasforma in relazione. Maria Luisa nel frattempo cova un progetto originale: un occhiale ispirato alla magia di Venezia. Inventa un’asta a forma di ferro di gondola. Spiega l’idea a Paolo, che si propone di realizzarla perché «è abituato ad arrangiarsi e a trovare soluzioni». E lui, in effetti, riesce a creare un prototipo. Il disegno c’è, il marchio Lagoon Eyes pure: perché non provserie. arci? I due propongono il modello alle aziende di occhiali in Cadore per produrlo in Gli viene chiusa la porta in faccia: «Non si può fare». Paolo decide di arrangiarsi. Acquista pantografo, frese, plastiche acetate e trasferisce tutta l’attrezzatura nella sua officina di Murano. Riesce così a produrre i primi quattro modelli di occhiali.
Nel frattempo, è il 2016, si imbattono in Impetus. È un rimorchiatore in vendita degli anni ’60, lungo 25 metri. «Abbiamo subito fantasticato di quanto sarebbe stato bello viverci», raccontano entrambi.
Il sogno diventa realtà a distanza di un anno: decidono di vendere tutto e cambiare vita. La passione di Paolo per il recupero di materiali di scarto, o di imbarcazioni come in questo caso, contagia anche Maria Luisa.
Così dal 2017 Impetus diventa la loro casa. Ma anche una vetrina (aperta dalle 16 alle 19) per vendere gli occhiali e per esporre una decina di sculture di Paolo: una Mostra Cinetica, fatta di statue astratte assemblate con metalli, ingranaggi, bulloni e lastre di ferro.
A bordo la vita ha le sue regole. Gli spazi sono strettissimi, c’è bagno e riscaldamento, ma non ci sono né la lavatrice né la televisione, per entrare in camera si deve uscire per forza all’aria aperta e ci sono spifferi da ogni porta. Per non parlare dell’ondeggiare continuo per le onde e il vento.
«Eppure», confidano i due, convinti e orgogliosi della loro scelta controcorrente, «proprio per questo motivo ogni istante vissuto sulla nostra barca è come se fosse una novità. Sì, c’è tanta manutenzione da fare, ma l’idea di tornare un giorno alla vita di iun tempo ci mette tristezza». —
Eugenio Pendolini
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