Un altro bravo medico se ne va «con amarezza e malinconia»

BELLUNO. Promesse non mantenute, mancato riconoscimento del proprio operato: per questo Alessandro Forti, medico del Suem di Pieve di Cadore, ha deciso di lasciare il suo incarico per darsi alla libera professione, senza dimenticare però la sua passione per il soccorso e per il volo.. C’è molta amarezza nelle parole con cui Forti, classe 1977, nato a Bolzano ma residente a Treviso, saluta i colleghi «che porterò sempre nel cuore, insieme a questo bellissimo territorio».
Un’altra importante professionalità lascia la sanità bellunese. «Ho concluso da poco il mio lavoro alla centrale operativa dell’elisoccorso di Pieve di Cadore, lavoro che avevo scelto di fare due anni fa pieno di entusiasmo ed energia, lasciando l’ospedale di Treviso che si trova a otto minuti a piedi da casa mia. Due ore e mezzo di strada, oltre alle 12 di lavoro non sono briciole», dice Forti che prosegue: «Si stava concretizzando l’idea accarezzata per lungo tempo di lavorare esclusivamente in questo ambito che da sempre mi affascina. Ho conosciuto molte persone, validissimi professionisti appassionati di montagna che si spendono per aiutare persone in difficoltà in ambienti difficili e alcuni di loro posso considerarli amici. Ho potuto conoscere le problematiche di un territorio che per conformazione necessita dell’elicottero anche per situazioni che in pianura possono considerarsi banali e la determinazione e l’orgoglio dei suoi abitanti. Mi sono cimentato con protocolli che mai prima avevo visto, stilandone di nuovi e cercando di portare un po’ di novità in alcuni ambiti».
Forti parla del suo impegno per costituire il Comitato Falco senza ostacoli «con dei valorosi compagni di avventura». Comitato che ha permesso la posa delle sfere di segnalazione commemorative sui cavi della media tensione a Rio Gere, a 10 anni dalla tragedia: «E ancora stiamo lavorando a progetti sugli ostacoli al volo».
Però, dopo mesi e mesi di intensa riflessione sul da farsi («continuare, tornare da dove ero venuto, cambiare ospedale»), «ho deciso di concludere questa esperienza e il mio rapporto con il Sistema sanitario nazionale perché, purtroppo, mi sono scontrato per l’ennesima volta con i mulini a vento, con le promesse non mantenute, con la mancanza di meritocrazia, con il mancato riconoscimento del proprio operato che la maggior parte di chi lavora nella pubblica sanità si ritrova come pane quotidiano nonostante l’impegno e la dedizione che ci mette», dice Forti, che però ricorda anche ciò che di positivo gli ha dato questa esperienza: «Non dimenticherò i paesaggi mozzafiato delle Dolomiti, la bravura di tutte le persone con cui ho lavorato. Vado via con tanta amarezza e malinconia perché non avrei fatto questa scelta in circostanze diverse» conclude. «So di aver sempre lavorato mettendoci impegno e le capacità professionali che ho: poche o tante che siano ho dato sempre il massimo». —
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