Suor Silvia, nel libro dell'onore coi suoi lebbrosi

Suor Silvia Vecellio
Suor Silvia Vecellio
 
PIEVE DI CADORE.
Il "libro dell'onore" è una specie di raccolta, virtuale e materiale al tempo stesso, in cui la Magnifica iscrive via via tutti i cadorini, di nascita o di adozione, che attraverso le loro attività in vari campi sono riusciti a dimostrare i valori e gli ideali della "piccola patria". Tra i 10 personaggi insigniti quest'anno dell'onorificenza c'erano solo due donne: Noemi Nicolai, la direttrice della biblioteca storica di Vigo, e Suor Silvia Vecellio, missionaria in Brasile.  Magra, tenace, ostinata, dal carattere apparentemente ruvido, suor Silvia Vecellio da 50 anni dedica la sua vita ai lebbrosi a Sào Juliào, nel Mato Grosso do Sul in Brasile. Quarant'anni fa quello era un luogo di desolazione, dove il lebbrosario ospitava 300 e più persone in condizioni terribili: case in rovina con latrine mal funzionanti, malati circondati dall'immondizia, cibo mal conservato, topi e insetti ovunque, senza un filo d'erba intorno, senza attrezzature mediche in ambulatorio.  Da quel 1959 suor Silvia qui ha speso la sua vita al servizio del prossimo. Nata ad Auronzo nel 1931, a 23 anni decise di essere suora missionaria tra le figlie di Maria Ausiliatrice e da Torino nel 1959 partì per il Brasile. Appena scoperta l'esistenza di Sào Juliào scelse senza esitazione di dedicarsi ai lebbrosi, ma solo nel 1970 arrivò lì il primo gruppo di volontari guidati dal salesiano Franco Delpiano per risollevare il lebbrosario dalla rovina, realizzare nuove costruzioni e dare vita all'associazione Oasi proprio per andare in aiuto a suor Silvia. Oggi il Sào Juliào non è più un lebbrosario, ma una struttura sanitaria di prim'ordine, unico presidio sanitario gratuito in un territorio più grande dell'Italia: 40 posti letto, un centro chirurgico d'avanguardia con 4 sale operatorie, laboratori e ambulatori, un centro riabilitazione, un'officina ortopedica. Il Sào Juliào è una grande realtà e non si rivolge più solo ai portatori di hanseniasi, come è chiamata oggi la lebbra, ma a tutti i malati, tanto che nel 2004 ha aperto un nuovo padiglione per le malattie infettive (Tbc e Aids). Non solo: ospita anche una scuola materna, elementare e media (con 300 alunni), mentre nella vicina città di Campo Grande vi sono altre attività collegate all'ospedale. (wm/gdd).

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