“Sparito” il mulino di Cima Sappada
SAPPADA. Potremmo definirlo il giallo del mulino scomparso. Si svolge a Cima Sappada, lungo le sponde del Piave. E se è vero che l’assassino (non sempre, ma spesso) è il maggiordomo, il ruolo di principale sospettato è rivestito dal sindaco Alberto Graz. La storia inizia cinque anni fa, ma il prologo è ancora più lontano nel tempo. Per comprenderla bisogna partire da lì, da quel mulino di origini medioevali , restaurato nel 1828 e inserito in un luogo di grande bellezza paesaggistica. Ancora nel 1987 il proprietario, Tito Barbini, aveva chiesto e ottenuto dal Comune di Sappada l’uso abitativo, condizionato all’obbligo di conservazione dell’assetto originario.
A Palazzo municipale, insomma, era ben chiaro che quel luogo – e quel manufatto – avevano un significato particolare, tanto che quello è ritenuto il più vecchio mulino ancora integro sulle sponde sul Piave. Poi, però, accade qualcosa: il Comune decide di realizzare una centrale idroelettrica: il progetto – siamo a novembre del 2007 – prevede che la presa d’acqua sia collocata tre chilometri a monte del mulino, mentre il cosiddetto “punto di restituzione” dovrebbe essere collocato appena sotto il mulino. Logica conseguenza: un rigagnolo, al posto del fiume, proprio in corrispondenza del manufatto storico. Il proprietario, ovviamente, non ci sta. Corre a Venezia dall’avvocato Gabriele Dalla Santa e lì il legale, ricostruendo il caso, ne scopre delle belle. Appena qualche anno prima, rivela lo stesso Graz a Barbini, un simile progetto era stato bocciato proprio perché prevedeva che la centrale (manufatto in cemento armato) fosse collocata in un punto più basso dell'attuale, sempre a sud del mulino e di alcune "cascatelle". Ma nel nuovo progetto, contraddicendo ogni logica, il “punto di restituzione delle acque” figura magicamente a sud. Il trucco è presto svelato: a una quarantina di metri dal mulino c’è una vecchia segheria. Anch’essa, in tempi passati, aveva un piccolo mulino. Dunque, con un piccolo gioco di prestigio la centrale figura a monte del mulino… ovvero della vecchia segheria. Ma questa è solo la prima stranezza.
Nella valutazione d’impatto ambientale il mulino, semplicemente… sparisce dalle carte. Un errore evidentissimo, secondo la controparte. L’area è paesaggisticamente vincolata, eppure la Via non cita queste restrizioni. E come se non bastasse, il progetto parla di una centrale “totalmente interrata”, mentre dalla documentazione stessa risulta che l’interramento sia solo parziale. Date queste premesse, il seguito appare quanto di più scontato: l’architetto Ugo Soragni, a capo della sovrintendenza regionale ai Beni architettonici e paesaggistici, stronca senza mezzi termini il progetto. Il sindaco ribadisce: il Comune ha limitate risorse, quella centrale è necessaria. Ma non ha ancora spiegato perché il mulino sia sparito dalle carte ufficiali. In compenso, pare abbia presentato un nuovo progetto, per superare il “no” della sovrintendenza e ottenere il placet dalla Commissione di salvaguardia di Venezia.
Paolo Cagnan
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