“Simbiorti”, coltivare carciofi sotto il segno dell’integrazione

Il progetto della Cooperativa Cadore Scs coinvolge sette ragazzi disabili e cinque richiedenti asilo La produzione è abbondante per cui si sta pensando di passare a iniziative più strutturate

CADORE. La coltivazione dei carciofi di montagna diventa mezzo per dare all’agricoltura un forte valore sociale. Il progetto avviato dalla Cooperativa Cadore Scs sta dando risultati così positivi che si pensa a farlo crescere. Un progetto che vede come protagonista il carciofo, coltivato con una “filosofia” di integrazione a 360 gradi: sono infatti coinvolti sia i ragazzi disabili facenti parte del progetto “Mosaico” sia alcuni giovani con status di richiedenti protezione internazionale.

«Siamo in fase di sperimentazione, così ben riuscita che stiamo ragionando su qualcosa di ancor più strutturato», fa presente Umberto Farenzena, direttore della Cadore Scs, «la coltivazione è attualmente messa a dimora nell’area adiacente all’ex convento del Cristo, a Pieve; l’intenzione, già dal prossimo anno, è di estenderla ad altri appezzamenti limitrofi, che saranno rivalorizzati e messi a coltura».

Il prodotto, che coniuga qualità agricola e valore sociale, è stato presentato ufficialmente a metà agosto. E pochi giorni fa è stata organizzata una cena coinvolgendo i ragazzi disabili impegnati nel progetto e le loro famiglie.

«Una bella serata, in cui i nuclei familiari hanno potuto conoscere da vicino l’attività portata avanti», sottolineano Farenzena e Michele Pellegrini, responsabile dei progetti della Cadore Scs, «il progetto ha un’altissima valenza sociale, in quanto ha avuto come nucleo di partenza l’analisi dei bisogni di giovani disabili».

“SIMBIorti”, questo il nome del progetto, è portato avanti dalla Cooperativa grazie a un contributo della Fondazione Cattolica Assicurazioni.

«In tutto una dozzina le persone coinvolte», continua Pellegrini, «cinque richiedenti protezione internazionale e i sette ragazzi di “Mosaico”, un altro nostro progetto per cui abbiamo il sostegno fondamentale dell’Usl 1. I disabili in età post-scolare (con disabilità non tale da richiedere la frequenza del Ceod, ndr) sono infatti impegnati nei lavori per la coltivazione dei carciofi, ma anche in diverse altre attività. Lo scopo è aumentare il loro grado di autonomia e autostima, accrescendo la competenza nelle attività quotidiane, favorendo lo sviluppo delle potenzialità e creando relazioni».

E la coltivazione del carciofo, d’altro canto, sta dando risultati più che lusinghieri.

«La produzione è numericamente buona e qualitativamente eccelsa», dice ancora Pellegrini, che ricorda che l’attività di “SIMBIorti” al Cristo è seguita da un volontario, Marco Del Favero (che in Cadore conduce un’azienda agricola), e che è stata presentata in partnership con la Cooperativa Lassù del Comelico.

«Il prodotto è stato conosciuto grazie alla presentazione ufficiale e alla promozione fatta all’interno di attività di ristorazione del territorio, che ne hanno constatato l’altissima qualità».

Martina Reolon

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