“Sherpa” va in pensione: l’artigiano del legno tra cultura e tradizione
CENCENIGHe
Gli sherpa sono i portatori di alpinisti sulle montagne himalayane alla ricerca di quello che c’è oltre il limite. Lui, Augusto Bedont, che il soprannome Sherpa se l’è guadagnato per un passato fra i rocciatori Gir di Agordo, ha portato in giro per quasi quarant’anni i “derlìn” (le gerle) e con loro tanti altri oggetti in legno che custodiscono una cultura secolare.
Dal 1° ottobre ha detto basta: a 62 anni (classe 1958) è andato in pensione e ha chiuso la bottega che gestiva a Cencenighe, sulla destra prima del ponte. Perito chimico nel 1977, Augusto (originario di Gosaldo) aveva fatto il militare nella finanza e si era distinto con ottime prestazioni nello sci alpino.
«Mio padre», racconta, «prima di fare il minatore aveva fatto il seggiolaio e anch’io avevo interesse per l’attività manuale col legno. E soprattutto volevo fare un lavoro che mi piacesse. Così, visto che l’affitto era basso, ho trovato un ex panificio in via Roma a Cencenighe dove ho iniziato l’attività. Dopo otto-nove anni mi sono trasferito vicino al ponte e sono rimasto là per altri trent’anni».
L’entusiasmo dato dal successo iniziale «ero sulla strada – racconta – e le cose così hanno funzionato subito», ha spinto Augusto e famiglia a dedicarsi anche alle fiere e ai mercati dell’Agordino, della Provincia, ma anche della Val Badia e Val Pusteria. «Ho sempre cercato di capire cosa volesse la gente man mano che i tempi cambiavano», dice Augusto, «e puntavo su articoli che non costassero tanto e che fossero utili. In alcuni casi ne compravo da altri artigiani e poi, tramite un parente in Alto Adige, li decoravo a seconda dei gusti. Quanta gente ho conosciuto, quante storie ho impresso nella mia memoria, quante cose ho imparato da altri, in particolar modo dai più vecchi. Mi sono fatto una cultura enorme. E sono contento perché nel mio lavoro non sono mai stato un numero».
Egli non ha venduto soltanto oggetti realizzati ex novo, ma ha pure sistemato e restaurato quelli vecchi. L’obiettivo è sempre stato duplice: accontentare la domanda, certo, ma al contempo perpetuare una tradizione e una cultura artigiana e contadina che per secoli hanno caratterizzato anche la vallata agordina.
«Negli ultimi anni chiedevano soprattutto oggetti utili», dice, «penso, per esempio, alle cassepanche per la legna; un tempo, invece, compravano anche molti oggetti-ricordo. C’è stato un periodo in cui anche la gente del posto riscopriva gli articoli di una volta e voleva averne uno. Oggi mi pare si guardi più al prezzo e meno alla qualità. Poi, però, ci si ripensa. Prendi i mastelli che si usavano per fare i crauti: era difficile fare quelli in legno e la gente è passata alla plastica, ma il risultato non era uguale e son ritornati a chiederli in legno».
Per costruirli, ora servono nuovi sherpa. Quello originale ha una gerla piena di esperienze da tramandare. —
Gianni Santomaso
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