Scia di 20 scosse sul Monte Avena Doglioni: «Siamo in zona sismica»
Una sequenza sismica di venti scosse di magnitudo maggiore di 1, con due eventi di magnitudo 2. 8, da martedì sera sta interessando l’area del Monte Avena, a cavallo del confine tra i comuni di Pedavena e Sovramonte, a pochi chilometri dalla frazione pedavenese di Norcen e da Croce d’Aune. Scosse tutte inferiori ai tre gradi e classificabili come terremoti minori. I due eventi di magnitudo maggiore (quelli di giovedì delle 6, 57 e di venerdì delle 21, 21) sono stati avvertiti distintamente in tutto il Feltrino con tremore e boati che hanno destato un po’ di apprensione nella cittadinanza già non al massimo dell’umore a causa delle restrizioni legate al coronavirus.
Il geologo feltrino Carlo Doglioni, dal 2016 presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, analizza la situazione: «Stiamo parlando di un evento che rientra pienamente nella normalità visto che ogni anno in Italia si registrano circa 15 mila eventi. Uno sciame di questo tipo nella stragrande maggioranza delle occasioni si risolve nel giro di qualche giorno o al massimo qualche settimana. Dal punto di vista statistico resta però aperta la possibilità che una piccola sequenza come quella in corso possa precedere un terremoto di magnitudo maggiore. Al momento non abbiamo gli strumenti per fare una previsione certa. Di sicuro, queste scosse ci devono ricordare come il Feltrino sia una zona sismica e che soprattutto nel settore dell’edilizia si debba costruire rispettando i criteri antisismici e, dove possibile, intervenire per adeguare gli edifici esistenti per renderli sicuri».
Il precedente più vicino a noi riguarda l’Agordino, dove la scia di scosse si esaurì senza fare danni. A settembre del 2017, nei dintorni di Voltago Agordino vi fu una sequenza simile con due eventi di magnitudo 3.4 e 3.1. Ogni 0.2 gradi di differenza, l’energia rilasciata dai terremoti raddoppia. «Quella che sta riguardando il Monte Avena è una sismicità naturale perché la crosta è un sistema vivo», spiega ancora Carlo Doglioni. «Quanto sta accadendo nel Feltrino rientra nella normale attività legata all’avvicinamento di circa 2 millimetri all’anno tra le Dolomiti e la pianura veneta. Dobbiamo comunque continuare a monitorare la situazione in quanto terremoti di magnitudo maggiore di 6, come quello di Asolo del 1695 o dell’Alpago nel 1873 e 1936 si sono già verificati in passato soprattutto lungo la fascia pedemontana e certamente si ripeteranno in futuro, anche se non sappiamo quando».
Ad assorbire il raccorciamento tra monti e pianura vi sono dei sistemi di faglia: a nord del Feltrino corre la Linea di Belluno, che dal Monte Coppolo continua lungo il fianco nord della Val Belluna fino all’Alpago, per poi proseguire in Friuli. Un altro sistema di faglie attive importanti passa alla base del Monte Grappa, percorre la Pedemontana trevigiana fino a Vittorio Veneto, e continua a sua volta verso est in Friuli dove appunto causò il terremoto del 1976 di magnitudo 6. 5.
Insomma, le scosse nel nostro territorio non devono sorprendere: «Sono fasci di rottura dove ciclicamente viene liberata dell’energia», aggiunge Doglioni che da sempre mette in guardia la comunità: «Le statistiche dicono che piccole sequenze come quelle di questi giorni vanno frequentemente a scemare nell’arco di un breve periodo, ma dobbiamo comunque essere pronti a eventi di portata maggiore, considerata la geologia e la storia sismica del bellunese». –
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