Ritrovato dopo 16 ore il piccolo campione

Terminate ieri mattina le ricerche del bambino scomparso a Domegge ha vagato nei boschi sopra il lago fino ad arrivare sulla strada per Lorenzago
Di Gigi Sosso

DOMEGGE. Un gufo per amico. Più di cento soccorritori, tre elicotteri e diversi cani come angeli custodi. Una notte senza luna sotto il monte Froppa, ma un mattino che è diventato all’improvviso luminoso, quando il bomberino dei Pulcini del Domegge ha fatto tutto quello che poteva per essere ritrovato, dopo aver passato 16 ore al freddo e da solo nei boschi del Cadore.

Un simpatico vicino di casa, che potrebbe essere suo nonno di nome Antonio Valmassoi ha incrociato G.L. sulla strada da Domegge a Lorenzago, proprio mentre stavano arrivando i due forestali Massimo Alfarè e Alessandra Baldi. Che l’hanno soccorso e fatto salire sulla campagnola verde, accompagnandolo fino a Navarre, dove il papà Massimiliano e la mamma Luana lo aspettavano dalla sera prima. Qui era stato organizzato il quartier generale delle ricerche pochi minuti dopo che questo ragazzino di otto anni si era perso, mentre stava tornando dalla via crucis all’Eremo dei Romiti. Ieri mattina avrebbe dovuto partecipare al ritiro spirituale della comunione con gli altri bambini della sua età e don Marco De March.

Niente scuola per lui, ma il grande applauso di tutti, quando ha potuto riabbracciare i suoi familiari. E poi le campane impazzite di gioia della chiesa di San Giorgio. Sembrava già il giorno di Pasqua.

Il compleanno. Il venerdì era stato molto intenso. Tanto per cominciare, c’era da festeggiare in compagnia il settimo compleanno di un compagno di squadra al campo di Vallesella. Il soffio sulle candeline, i regali e l’entusiasmo tipico e spensierato dei piccoli. Tra gli invitati, c’erano tutti i giocatori e più di qualche dirigente: il vivaio della società azzurra ha duecento tesserati e in paese si fa un gran tifo.

La scomparsa. Ma c’è anche un altro impegno, nel pomeriggio. È il giorno della via Crucis e della salita fino al rifugio con i catechisti. Tutto bene all’andata. Al momento di tornare verso casa, insieme al giovane zio che fa la terza media e si sta preparando alla cresima, G.L. si ferma a giocare forse qualche minuto in più e perde contatto con il gruppo. Non ritrova i suoi amici e comincia a incamminarsi da solo. Sbaglia la direzione, dove il sentiero si biforca, e si ritrova prima in una radura e poi nel bosco più fitto mentre sta facendo buio.

L’allarme. La preoccupazione sale e verso le 18 comincia una vera mobilitazione. Sono una settantina quelli che cominciano a cercarlo e, tra loro, diversi paesani. Tutti sembrano convinti di poterlo individuare facilmente: dove mai potrebbe essere andato? Arrivano il Soccorso alpino, i vigili del fuoco, la protezione civile, la forestale, la guardia di finanza e i carabinieri. Un’ unità di crisi viene allestita in un prato appena sopra la sponda sinistra del lago del Centro Cadore, dove tra i punti di riferimento c’è il centro di comando avanzato dei pompieri. Con l’incombere della notte, il Cnsas monta un grande faro, all’altezza del cimitero dall’altra parte dello specchio d’acqua, per illuminare la boscaglia, grazie all’enorme occhio di bue.

La speranza. La zona viene divisa in 26 zone. Le squadre vanno e vengono di continuo, fino a quando le pile si scaricano, ma il piccolo non si trova. Mancano cinque minuti a mezzanotte, quando tra il gracchiare delle radio e l’abbaiare di pastori tedeschi e labrador che annusano in pigiama si sente la suoneria del cellulare di papà Massimiliano: un amico ha sentito una voce e potrebbe essere il bambino. La tensione diventa fiducia, ma l’ottimismo sarà un’illusione. All’una e mezzo, le ricerche vengono ufficialmente interrotte, dopo uno spuntino a pane e prosciutto, ma c’è sempre qualcuno che non si rassegna e non si muove.

Il ritrovamento. Si riprende all’alba, ma con il gommone che scandaglia il lago e tre elicotteri, che volteggiano sopra i soccorritori. Sono passate più di dodici ore: qualcuno ha le mani in faccia e qualcun altro prega. Non sono ancora le nove, quando in molti si accalcano addosso al mezzo del Soccorso alpino, perché stavolta è vero: l’hanno visto. L’applauso, gli abbracci e una prima visita sotto la tenda del medico. Poi un breve viaggio fino al pronto soccorso di Pieve per gli altri esami. Sorridi, piccolo. Tanto nessuno ti sgrida.

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