Piuma e Cristallo, il ricordo a Busche

Domani cerimonia sul luogo della fucilazione dei due partigiani, «per onorare il loro sacrificio»
Di Lina Beltrame

BELLUNO. Sono trascorsi 70 anni dall'alba di quel 5 agosto 1944, quando i partigiani Giorgio Gherlenda e Alvaro Bari furono fucilati sul ponte di Cesana-Busche dai nazisti. Ad aggiungere disumano disprezzo ad una esecuzione senza processo ma preceduta da terribili torture, i loro corpi furono poi gettati nelle acque del Piave.

Domani sarà ricordata quella pagina dolorosa, ma nel contempo gloriosa della storia che ha costruito la libertà e la democrazia della nostra Patria. Alle 10,30 sul luogo della fucilazione, ovvero sul ponte "vecchio", avrà luogo una cerimonia in cui i familiari dei due eroi scopriranno una targa ricordo, perché... «si onori il loro sacrificio, che non si limiti ad una lapide, ma che divenga uno stimolo per dedicarci fattivamente al destino delle nostre generazioni future».

La storia dei due partigiani, "Piuma" e "Cristallo" è stata oggetto di ricerche e pubblicazioni: nel 2005 "Uomini e fatti del battaglione 'Gherlenda'" di Giuseppe Sittoni e, quest'anno, "Alvaro Bari-un pilota veneziano nella Resistenza Feltrina" di Aurelio De Paoli e Renato Vecchiato.

A riportare in superficie vicende poco conosciute, ha contribuito una fitta rete che vede in prima linea i familiari, i testimoni oculari, i compagni di lotta ancora viventi, le diverse Associazioni, gli Istituti Storici della Resistenza, l'Anpi, gli enti e i tribunali depositari della documentazione, gli uffici dei comuni interessati.

Molti di questi saranno presenti domani a Cesana: ci sarà la cognata del Gherlenda, la novantacinquenne signora Marna e le nipoti, i nipoti di Bari, i partigiani compagni di lotta di "Piuma" e "Cristallo", i testimoni della fucilazione, Giovanni Perenzin dell'Anpi di Belluno, il parroco di Lentiai, i rappresentanti dei comuni di Lentiai e Cesiomaggiore, dell'Associazione Arma Aeronautica di Feltre, dell'Anpi di Belluno, Feltre e Lentiai, dell'Arma dei Carabinieri di Feltre, delle Associazioni Combattentistiche e dell'Associazione Culturale Amici di Cesana.

Giorgio Gherlenda, nasce nel 1920, sesto di sette figli. Studia meccanica e lavora, quando giunge la chiamata alle armi. La guerra lo conduce nelle immense distese della Russia, dove gli viene conferita la Croce di Guerra e la Medaglia d’Oro sul campo.

Nel momento in cui le sorti della guerra si volgono a favore della Russia, Gherlenda ha modo di osservare, a proprie spese, la “lealtà dell’alleato tedesco” che sacrifica intere divisioni di truppe italiane per favorire la ritirata del proprio esercito.

Dopo terribili esperienze di prigionia, ferimenti e malattie rientra in patria, stremato nel corpo e nello spirito. Ricoverato all’ospedale militare, confida al fratello Bruno, i tragici eventi dell’esperienza russa e il suo più grande ideale: libertà e fratellanza tra i popoli. Alvaro Bari, veneziano di nascita, trascorre la giovinezza a Feltre dove frequenta il "Colotti" fino al diploma; all'interno dell'istituto una lapide ricorda questo eroe della resistenza.

Durante la guerra è pilota degli "SM79" nel Mediterraneo con il grado di tenente prima e di capitano poi. Il suo mandato lo porta ad Aviano, San Pietro di Gorizia, Ghedi (Brescia). L'8 settembre, sia Giorgio che Alvaro non hanno dubbi sulla strada da prendere ed entrano nella resistenza, soprattutto in quella che Ercole Ongaro, nel suo libro, chiama "Resistenza non violenta".

Entrambi operano con i rispettivi battaglioni nel Feltrino, Croce D'Aune, Fonzaso, Lamon e Belluno. Si trovano a collaborare nell'ultima operazione, quella che si concluderà con l' arresto; assieme a loro c'è anche Gastone Velo "Nazzari".

I tre hanno l'incarico di liberare la vedova di uno dei generali autori dell'attentato a Hitler; l'operazione in parte riesce, ma finisce tragicamente forse per delazioni. Gastone Velo, seppur ferito, riuscirà a fuggire dalla caserma in cui sono rinchiusi, mentre Gherlenda e Bari resistono agli interrogatori sotto tortura, non rispondono alle richieste degli aguzzini e sono condannati a morte. Giovanissimi eroi: "Piuma" aveva appena 23 anni e "Cristallo" 26.

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