Piccoli e l’Acc: «Le idee bellunesi restino sul territorio»

MEL. Un confronto a tutti i livelli per salvare l’Acc. Ma anche per tutelare il tessuto imprenditoriale bellunese. Il neo eletto al Senato e già sindaco di Sedico Giovanni Piccoli ha le idee chiare:...

MEL. Un confronto a tutti i livelli per salvare l’Acc. Ma anche per tutelare il tessuto imprenditoriale bellunese. Il neo eletto al Senato e già sindaco di Sedico Giovanni Piccoli ha le idee chiare: «Servono nuove regole improntate a quella che da più parti viene definita “responsabilità sociale” dell’azienda».

«Non è protezionismo», aggiunge Piccoli, «bensì la semplice constatazione che, di fronte a un mercato sempre più aggressivo, servono dei meccanismi di salvaguardia».

Un esempio, per cui Piccoli si batte da tempo, è rappresentato dalla necessità di trattenere in loco alcuni brevetti. «Le industrie del Bellunese sono state – e lo sono ancora – dei laboratori di idee», sostiene con forza il deputato. «Non dimentichiamoci l’eccellenza rappresentata dall’occhialeria ma anche dallo stesso polo tecnologico del freddo. Quante idee nate qui sono “emigrate” contribuendo alla ricchezza di altri?». E a proposito dell’azienda di Mel aggiunge: «Lo stesso stabilimento austriaco dell’Acc è cresciuto in questi ultimi anni grazie alle conquiste di quello zumellese».

Ma la questione è anche politica. «Innanzitutto serve un governo politico forte capace di approntare una politica industriale seria», mette in risalto Piccoli. «Penso che nel caso Acc un soggetto di riferimento autorevole avrebbe agevolato le trattative e forse non ci troveremo a questo punto».

Nel manifestare la sua indignazione e preoccupazione per la questione Acc, l’ex sindaco di Sedico sottolinea come il tema debba far riflettere tutti sul fatto che «il “cervello” di un’azienda non possa prescindere dal territorio». «Ho trascorso il 1o maggio all’Acc di Mel», precisa, «e ho toccato con mano quanto forte sia la simbiosi tra questo stabilimento e il territorio che lo circonda. Da questo legame bisogna ripartire».

«In questo ultimo decennio», riflette ancora, «il tessuto imprenditoriale bellunese ha modificato pesantemente il suo Dna. In particolare, abbiamo assistito a un progressivo allontanamento degli imprenditori originari, quelli nati e cresciuti nel e con il territorio». Un processo sempre più persuasivo e «inelubile». «Ma fino a che punto?», si chiede Piccoli. «Penso che nell’euforia della crescita nessuno si sia reso conto fino in fondo che un proprietario non valeva l’altro. Finanziarie, grandi nomi dell’Industria e holding varie se da un lato hanno proiettato le nostre aziende in un ambito internazionale (e questo non è affatto un male), dall’altro lo hanno snaturato inserendole all’interno di un macrocosmo societario che le ha quasi inghiottite». E se «tornare indietro ora è quasi impossibile e forse non servirebbe a nulla», è altrettanto vero che «se dei margini ci sono dobbiamo percorrerli con determinazione». «A mio avviso», dice Piccoli, «qualcosa si può fare. Su questo penso debba essere avviato un confronto su tutti i livelli: dalla Camera di commercio al Governo nazionale. Nessuno vuole rinchiudersi a riccio, ma dobbiamo valorizzare quello che abbiamo. Questa crisi ha cambiato le regole del gioco e noi dobbiamo aggiornarci. Altrimenti non torneremo più a vincere».

Martina Reolon

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi