Pallavolo in carcere «Così lo sport aiuta i detenuti»

BELLUNO. Rispetto delle regole, gioco di squadra, solidarietà. In una parola, sport. Sono questi i valori che il Centro Sportivo Italiano cerca di portare dentro il carcere di Baldenich attraverso la pallavolo. Ogni sabato, dalla scorsa estate, un professore di educazione fisica e un volontario portano dentro la casa circondariale la loro esperienza e la loro voglia di mettersi in gioco per insegnare ai detenuti a giocare a pallavolo.
«L’attività fisica dura un paio d’ore» spiega Marco Imperatore, «e cerchiamo sempre di farla all’esterno». Ventun anni, laureando in Scienze motorie e tanta voglia di guardare il mondo senza pregiudizi. Marco ha raccontato la sua esperienza ad una platea di ragazzi presenti ieri al convegno “Sport legalità carcere” organizzato dal Centro Sportivo Italiano insieme all’associazione Jabar al teatro del Centro Giovanni XXIII.
«Ho raccontato la mia esperienza in Camerun» spiega Marco, «dove le carceri sono decisamente diverse da quelle italiane». Una realtà che il giovane, originario di Vodo di Cadore, ha imparato a conoscere: ogni fine settimana dedica il suo tempo al volontariato tra le mura della casa circondariale di Baldenich.
«Il nostro scopo è portare all’interno del carcere i valori dello sport» spiega, «che sono quelli della solidarietà e del rispetto delle regole. Inoltre l’attività fisica aiuta i detenuti a scaricare la tensione. Alle nostre attività partecipano circa 20 detenuti, un numero che varia a seconda del clima e anche dell’umore. Ma con la bella stagione siamo riusciti anche ad organizzare delle partite con le squadre al completo. La pallavolo è uno sport di squadra, facile da gestire e da organizzare. Basta una rete ed è fatta».
Marco porta dentro le mura di Baldenich «felicità e fiducia». Queste sono le sensazioni che i volti dei detenuti restituiscono ai compagni e ai volontari. «Lo sport rilassa, alla fine della partita c’è anche più voglia di parlare».
Al convegno ha partecipato anche l’associazione Jabar, che ha recentemente fondato una rivista firmata dai detenuti, sulla scia di quanto accade già a Padova. «La percezione che abbiamo è che la città non sappia di avere un carcere» spiega Elisa Corrà dell’associazione Jabar, «noi abbiamo cercato di spiegare le sensazioni provate dentro il carcere, come ad esempio il passare del tempo. Quella del Csi è un’ottima iniziativa che consente di fare comunità». Tecnicamente il carcere di Baldenich è una “casa circondariale” dove vengono detenute persone in attesa di giudizio o quelle condannate a pene inferiori ai cinque anni.
Oltre alla rivista, l’associazione vorrebbe dare ulteriore voce ai detenuti. «Ci piacerebbe organizzare eventi in carcere» spiega Elisa, «per il momento non è stato possibile farlo ma sarebbe un modo per far conoscere la casa circondariale alla città».
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