«Non mi sono prostituita in quell’appartamento»

PONTE NELLE ALPI. «Non ho mai dato soldi alla mia amica e i carabinieri mi hanno trovata a casa sua solo per un caso fortuito». Negano tutto la parte offesa e l’imputata, M.J. accusata di aver violato la legge Merlin favorendo la prostituzione di una giovane conoscente straniera nell’appartamento preso in affitto in via Roma a Ponte nelle Alpi. In quella casa, per qualche anno, l’imputata ha ammesso di aver ricevuto ospiti a pagamento, ma solo per mantenersi, in totale autonomia e quindi senza dipendere da nessuno e senza favorire l’attività di altre donne.
L’inchiesta sul giro sospetto presente nell’appartamento di Ponte nelle Alpi culminò nel 2012, quando i carabinieri andarono a verificare le segnalazioni ricevute. In casa non c’era l’inquilina ufficiale, oggi imputata, cioè una 35enne dominicana assistita dagli avvocati Jenny Fioraso e Patrizia Morettin; ma un’altra giovane straniera considerata parte offesa perché, secondo l’accusa, veniva indotta a prostituirsi in quell’appartamento dall’imputata, che si occupava di curare i contatti pubblicando gli annunci sui periodici locali. Una tesi avallata dalle dichiarazioni rilasciate dalla (presunta) parte offesa ai carabinieri, ma ieri seccamente smentite dalla stessa con altre versioni.
La ragazza, infatti, ha negato di aver ricevuto dall’imputata una carta sim con un numero per “il lavoro”, di averle dato 100 euro per la pubblicazione di annunci “equivoci” e di aver ottenuto la disponibilità dell’appartamento per esercitare. Quanto dichiarato nel 2012, in due occasioni, ai carabinieri, è stato totalmente capovolto nonostante i richiami del giudice Elisabetta Scolozzi (pm Sandra Rossi) a dire la verità: niente annunci, niente telefono, niente disponibilità della casa, ma solo una visita di un giorno per “scappare” dai rimproveri della madre e l’imputata era assente durante il blitz dell’Arma perché era a fare la spesa.
La stessa versione è stata fornita anche dall’imputata, che ha spiegato di aver preso in affitto quell’appartamento per esercitare il mestiere da sola e non per viverci, e di aver interrotto l’attività per alcuni mesi dopo aver trovato un fidanzato, in seguito costretta a ricominciare per pagare le spese della madre gravemente ammalata. Poco utile è stata anche la testimonianza di un amico della giovane, all’oscuro del fatto che la ragazza si prostituisse, nonostante una battuta fatta con i carabinieri che l’avrebbero “male interpretata”. Il processo è rinviato al 16 gennaio per sentire il fratello dell’imputata e la discussione.
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