«Non escludo la radioattività anche sulle nostre Dolomiti»

BELLUNO

I ghiacciai alpini conservano ancora la memoria del disastro nucleare di Chernobyl: lo dimostra la radioattività anomala registrata sulla superficie del ghiacciaio dei Forni in Italia e del Morteratsch in Svizzera. Sebbene non vi siano conseguenze ambientali e di salute per gli ecosistemi a valle, ulteriori studi saranno necessari per comprendere gli effetti nelle aree prospicienti ai ghiacciai.

Lo sostiene anche Franco Secchieri, il glaciologo delle Dolomiti. «Riguardo all’inquinamento radioattivo rilevato sui depositi sedimentari superficiali dei ghiacciai non credo ci si debba meravigliare. Neanche se fosse presente sulle Dolomiti. Gli strati gelati che si accumulano anno dopo anno sui bacini di accumulo contengono le testimonianze di molti caratteri dell’atmosfera tra cui anche sostanze radioattive. Rilevamenti e studi sempre più raffinati portano gli studiosi che vi si dedicano a scoprire tracce di sempre nuovi elementi. Magari ci si potrà ritrovare anche Covid-19» afferma.

Lo studio sulla rivista The Cryosphere ha analizzato la crioconite, il sedimento scuro che si accumula sulla superficie dei ghiacciai durante l’estate. Al suo interno sono stati trovati elementi radioattivi non solo naturali, come il piombo-210, ma anche artificiali. Il cesio-137, ad esempio, rivela come le Alpi abbiano subito una forte contaminazione in seguito all’incidente di Chernobyl del 1986. —

f.d.m.

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