Mauro “Lampo” difende il suo dinosauro di legno

CORTINA. «Amo l'ambiente, dedico la mia vita alla sua valorizzazione e vivo la Montagna (con la M maiuscola, ndr). Appena la stagione lo permetterà andrò ad accarezzare la mia “Ebellis” e le chiederò se per non offendere il pensiero di chi non la vuole sul Pelmo vorrà venire a vivere nei pressi del Rifugio Venezia o se come una moderna Araba Fenice preferirà perire tra le fiamme e rinascere a nuova vita».
Lo anticipa Mauro Olivotto in arte Lampo, il cui dinosauro in cima al Pelmo, è una delle opere che, secondo Mountain Wilderness, va sgomberata da quel luogo.
«Io amo il Monte Pelmo. Come alpinista ho salito una decina di volte la parete nord e quasi tutte le altre vie del massiccio dolomitico. Sono sceso dal Pelmo col parapendio e con gli sci, salendo sempre con le mie gambe», fa sapere Lampo, orgoglioso di fare lo scultore in quel di Cortina e di tenere corsi e seminari, da ormai 30 anni, ad amatori e nelle scuole per trasmettere non solo le sue conoscenze, ma il suo amore per il legno e l'ambiente.
«Nel 2011 stavo scrivendo un libro, “La Terra dei Giauli”, che parlava di una famiglia di creature gnomiche, per metà umane e per metà legno di cirmolo, che duecentocinquanta milioni di anni fa lasciarono la loro terra d'origine sommersa dal Mare Eterno alla ricerca di un luogo per poter vivere – racconta -. I Giauli giunsero sul Monte Pelmo. Questo è stato l'imput per organizzare una esplorazione delle due grotte a quota 2800 metri che guardano alla valle del Boite, dove secondo il mio racconto hanno vissuto finchè il mare si ritirò».
«La prima spedizione del settembre 2011 in collaborazione con il Gruppo “La venta” ci fece raggiungere la prima cavità e mentre Tono De Vivo attrezzava la discesa, Francesco Sauro scoprì le prime cinque impronte di dinosauro proprio lì, sulla Spalla Ovest. Il gruppo ha organizzato una seconda spedizione nel settembre 2012 che ha portato all'esplorazione della seconda cavità (200 metri di calata e 25 di strapiombo) e al rilievo 3D delle impronte che si sono rivelate essere dodici, due piste di sauri diversi, uno molto grande».
Per l'occasione, a celebrare quella scoperta che ha fatto il giro delle più importanti riviste scientifiche del mondo in quanto sono le più alte trovate sulle Alpi e tra le più alte d' Europa, Lampo ha realizzato Ebeliss, la DinoGiaula di sei metri in legno di cirmolo che è stata posta lì ad indicare il luogo del ritrovamento. Il tutto è stato reso possibile da una azione di privati e i dati rinvenuti sono oggetto di studio ad opera dell' Università di Padova.
«Ebeliss può resistere al massimo qualche anno, dopo di che tornerà alla Terra come polvere di legno. Alpinismo e speleologia, scienza ed arte si sono uniti per valorizzare e divulgare una scoperta scientifica ed il territorio interessato».
Col regista Enzo Procopio e Tono De Vivo è stato fatto un film documentario “La Grotta dei Giauli”. La ‘provocazione’ di Mw? Mauro Lampo non ha dubbi: è una bestemmia. Anche perché, fa sapere, aveva anticipato l’opera a qualcuno di loro. A suo parere, “Ebellis” non mortifica la cima, semmai la esalta, perché di fatto esprime l’essenza del territorio, del patrimonio di queste altitudini. (f.d.m.)
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