Martedì 21 dicembre in regalo il calendario 2022 del Corriere delle Alpi

BELLUNO. Gli ultimi raggi del tramonto accendono le dolomiti di un rosa unico al mondo. Il bianco delle nevi domina per mesi, traforato in primavera dal viola acceso del crocus, prima che lo sguardo torni ad essere catturato dal candore dei narcisi selvatici, dal blu e dall’azzurro declinati in ogni tonalità del cielo e dei laghi alpini, e del Piave. Sino alle prime brume autunnali, allo spettacolo del foliage. Colori e profili unici che illustrano lo scorrere del tempo: dodici immagini ad impreziosire il calendario dei bellunesi che il Corriere delle Alpi, come da tradizione, torna a regalare in edicola. L’appuntamento con il calendario è per martedì.

Terra unica
Una terra unica. «Ci siamo mai chiesti perché tanti amici alto atesini ci invidiano?». Perché? «Perché il nostro territorio provinciale non è compromesso, sotto l’aspetto naturalistico, come lo è quello di Bolzano». Parola di Cesare Lasen, uno degli studiosi italiani più accreditati della biodiversità, consulente scientifico della Fondazione Dolomiti Unesco, componente della Commissione diocesana per la custodia del creato. Sarà mai possibile, gli obiettiamo, che le nostre terre alte siano meglio conservate di quelle sudtirolesi? «I prati a narcisi della Sinistra Piave sono un unicum – esemplifica il naturalista – Non abbiamo pascoli in quota talmente ipersfruttati da non sapere neppure dove gettare i liquami di stalle e malghe. Ci sono, da noi, aree wilderness che da altre parti proprio non esistono».

In Trentino Alto Adige i parchi naturali sono gestiti puntualmente, in misura davvero conservativa, ma al tempo stesso l’agricoltura è così intensiva che crea problemi di impatto ambientale. «Certo, noi bellunesi purtroppo non siamo abili come loro a comunicare le nostre eccellenze naturali. Ma quella che ci manca è la consapevolezza di avere un patrimonio, composto da ecosistemi ad alta naturalità elevata, se non addirittura integri. E’ il nostro vero capitale, anche nei confronti di un’economia turistica compatibile».
Questione di consapevolezza
Una volta acquisita la consapevolezza dell’unità del nostro creato provinciale, è necessario metter mano, con rapidità ai misfatti che si sono compiuti, riqualificando i territori. «Lo ammetto, è facile a dirsi. Tutto diventa più complicato da noi, perché siamo in fase di spopolamento, se non addirittura di abbandono». La prima cosa da fare? «Riprendere lo sfalcio dei prati, riordinare gli ambienti naturali intorno alle borgate d’alta montagna per poi scendere verso valle»: su questo Lasen non ha dubbi. Sfalciare i prati – ci permettiamo di lanciare un dubbio – o realizzare nuove infrastrutture, magari anche nuovi impianti per battere l’abbandono delle quote? «Il conto non può essere solo economico. Il bilancio è anche naturalistico. Che cosa preferisce il turista in questo post pandemia?».

Lasen ricorda che il territorio della provincia è già, per il 54%, compreso nella rete Natura 2000. Ma l’Europa sollecita di arrivare al 30% di aree tutelate, con un terzo di queste in salvaguardia integrale. «Nella pianificazione generale, se riteniamo che questo valore sia importante, bisogna comportarci di conseguenza nell’assumere le decisioni. Noi abbiamo una concezione dell’ambiente e della natura che è più estetica, più romantica, perfino emotiva, ma non teniamo conto del funzionamento degli equilibri ecostistemici globali e quindi anche locali». Concretizzando? «Dicevamo delle praterie fiorite della sinistra, ma anche della destra Piave. Ecco, il mio suggerimento è di non abbandonare tutto a pascolo brado. Il pascolo sta bene in alta quota». Gli interventi di tutela, quindi, potrebbero riguardare tre settori: le formazioni erbacee importanti per la fauna (prato da falciare, dove è possibile, e pascolo che sia gestito, non lasciato alla libertà degli animali); le foreste da salvaguardare, limitando il taglio al necessario, magari vicino ai paesi perché non siano soffocati dal bosco; gli ambienti umidi, che rappresentano una priorità perché è qui che si concentra il massimo della biodiveristà (proprio in Comelico vantiamo un centinaio di siti), e poi le sorgenti e le torbiere. «Questo è il nostro capitale. Ne abbiamo consapevolezza? Bene, adesso tuteliamolo».
Nel passare dei mesi, pagina dopo pagina, il calendario terrà vivo alla mente quale patrimonio abbiamo. Appuntamento a martedì.
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