«L’ultima cena» ai raggi x

Esperti al lavoro attorno alla tela giunta ieri da Madrid. Arrivate anche le quattro opere conservate all’Ermitage
Gli accertamenti sull'Ultima cena di Tiziano
Gli accertamenti sull'Ultima cena di Tiziano
BELLUNO.
Dalla sua postazione in una delle gallerie di Palazzo Liria, a Madrid, che la vede accanto a capolavori di Goya e Rubens, non si muoveva da parecchio tempo. Sono in pochi ad aver avuto l’occasione di ammirarla al di fuori dei libri. “L’ultima cena” del Tiziano, dunque, è una vera rarità, che ha fatto il suo ingresso ieri a Palazzo Crepadona. Aveva su di lei l’attenzione di studiosi e storici dell’arte. Poter effettuare studi specifici su quest’opera è una vera opportunità e il fermento attorno a lei era notevole.


Datata approssimativamente nel 1550, è la prima redazione di questo preciso soggetto che il “divin pittore” non amava particolarmente. Sono rare le volte in cui ci si è dedicato. La prima è stato proprio con la tela in questione. Riscoperta da poco come opera importante, «sintetizza perfettamente quello che è il tema della mostra di Belluno: un Tiziano maturo, artisticamente formato, che lavora in collaborazione con la Bottega», ha spiegata Enrico Dal Pozzol. «A mio parere lo si capisce facilmente dal Cristo, dai primi apostoli sulla sinistra e dai motivi sulla tovaglia che spiccano sugli altri». Senza contare che «alcuni suoi vizi rimangono», ha sottolineato Gianluca Poldi dell’università di Verona. «Penso al tratto che segna il gomito dell’uomo sulla destra, ad alcuni segni di disegno sottostante e, se vogliamo, alle mani. E’ emblematica quella che il personaggio barbuto sulla destra, che alcuni interpretano come un autoritratto e altri come un omaggio a Carlo V, porta alla bocca. Non è perfettamente finita, d’altronde si dice che Tiziano non le sapesse disegnare affatto, e sembra essere stata aggiunta in un secondo momento. Così come si notano dei cambiamenti successivi in altre figure. Ma anche questo è tipico del pittore cadorino, che ritoccava e sistemava spesso le sue opere».


Sono tutte deduzioni fatte da chi, come loro, da anni si dedica a Tiziano e alla sua produzione. Ma il supporto di strumenti specifici è fondamentale. Proprio alla Crepadona si è potuto procedere con delle analisi ad infrarossi per vedere se in determinati punti della tela vi fossero state delle modifiche dell’autore o dei restauri in epoche successive, e con lo spettrofotometro per capire quale sia la natura dei pigmenti. Tutti studi che non vanno a intaccare l’opera. Per avere delle certezze sarà necessario incrociare dati e confrontare risultati, il cui prodotto verrà probabilmente reso noto nel prossimo numero della rivista specifica dedicata a Tiziano.


Ieri, dunque, tecnici e studiosi si contendevano l’opera che è stata poi protetta da un vetro integrale e posta sul pannello accanto al “San Giacomo in cammino”, nel cubo di Mario Botta che chiude la mostra. «Sono molto soddisfatta di come stiamo procedendo con l’allestimento dell’esposizione», ha commentato la vicepresidente della Provincia Claudia Bettiol. «Non c’è stato alcun tipo di problema e la squadra che si occupa dei lavori è molto affiatata. Non poteva andare meglio. Anche con i tempi siamo in perfetto orario. Entro i primi giorni della settimana contiamo di avere a disposizione tutte le opere». Ieri sono arrivate anche quelle dall’Ermitage, e quindi il “Cristo benedicente”, il “Ritratto di Papa Paolo III” e “Cristo portacroce” di Tiziano e “Seduzione” di Giovanni Cariani.


Oggi e domani una doverosa pausa. Poi la troupe al completo si rimetterà all’opera per terminare i preparativi di una mostra che, tassello dopo tassello, si sta confermando il grande ricongiungimento tra il Maestro e la sua terra.

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