L’auto si rompe in Russia, ritorno da incubo

FELTRE. Hanno fatto oltre 15 mila chilometri di sola andata in 35 giorni “Dalle Dolomiti alla Mongolia”, percorrendo l'antica via della seta. Il ritorno sarebbe stato di “appena” 8.500 chilometri, una cosa da una dozzina di giorni, poco più. Ma la povera Hyundai Atos color rosso “Dolomiteam” non ha retto alle sollecitazioni.
Così è iniziata l'odissea per i 25enni Michel Bortoluz e Alessandro Menegaz. «Prima di ripartire ci avevano detto che l'auto era perfetta», racconta Bortoluz, appena ritornato a casa, «ma l'olio ha iniziato ad avere un colore strano e alcuni camionisti russi ci hanno detto che non saremmo riusciti a ripartire. Ci hanno trainato fino a Mariinsk, in Siberia, da una famiglia con un'officina abusiva». Ma padre e figlio non sono riusciti a sistemare la macchina: «Dopo due giorni si è capito che il problema era ai pistoni del motore. I pezzi di ricambio sarebbero arrivati almeno dopo dieci giorni, ma Alessandro doveva rientrare in Italia per lavoro e io non me la sentivo di farmi il resto del viaggio da solo e su un'auto mezza scassata».
Ma il problema più grosso è stata la burocrazia: «In Russia la rottamazione è cosa rara. Abbiamo pagato 300 euro di carte alla polizia per attestare che l'auto era rotta. Ma quando sono arrivato alla dogana dell'aeroporto di Mosca, mi hanno bloccato perché non avevo l'auto con me. Mi hanno detto che il mezzo poteva restare sul suolo russo fino al 26 novembre e che avrei dovuto estendere il mio visto, che sarebbe scaduto dopo 12 giorni (il 14 settembre, ndr). Ma l'ufficio immigrazione si è rifiutato di farlo, perché le motivazioni non erano valide. Così ho iniziato a preoccuparmi. Per fortuna la mia assicurazione, che ha anche una filiale a Mosca, mi ha rassicurato: la rottamazione era possibile».
Ma i tempi rischiavano di allungarsi troppo. La soluzione? «Abbandonare legalmente l'auto e cederla alla Federazione russa». Ma anche in questo caso ci voleva pazienza. L'alternativa? «Darle fuoco», mi hanno detto. E in tutto questo «il consolato italiano non mi è stato per niente d'aiuto».
Alla fine Bortoluz è riuscito a tornare in Italia e sta cercando di far rottamare l'auto a distanza. I rischi del mancato adempimento non sono ben chiari: «O mi becco una multa dai 3 ai 5 mila dollari per importazione illegale, oppure mi rifiutano il visto per qualche decina di anni».(f.v.)
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi