L’associata minori salva i Comuni

FELTRE. L’associata minori, ossia il fondo indistinto costituito da tutti i Comuni dell’Usl per far fronte alla rette nelle comunità che vanno dagli ottanta euro al giorno (se c’è un minimo di compartecipazione della famiglia) ai 220 se il ragazzino ospite ha problemi psichiatrici, toglie una spina dal fianco ai sindaci. Perché sostiene il sessanta per cento di quote, che nel 2011 hanno raggiunto i 340 mila euro, lasciando solo il quaranta per cento ai comuni invianti. A Quero, ad esempio, su dati 2011, il numero di minori da mantenere in comunità è uguale a quello di Feltre (tre casi ciascuno) con un bacino di utenza assai differente. Alano di Piave il cui bilancio, fino al 2010, era pressato anche dal mantenimento di quattro minori affidati e mantenuti nelle strutture protette, adesso può tirare il fiato perché al momento restano due ragazzini. A Fonzaso il servizio tutela minori ha indirizzato a strutture distinte due bambini che non potevano crescere serenamente in un ambiente familiare dominato dal disagio sociale più che economico. Due casi anche a Pedavena che nel 2010 ne aveva gestiti fino a quattro.
«Non possiamo nasconderci che quello dei minori, a fronte di una situazione di disagio crescente che investe prima di tutto la sfera economica spesso con pesanti ricadute su quella affettiva, è un grosso problema che incide sul bilancio comunale», spiega il sindaco di Quero, Sante Curto al quale è già stata preannunciata la presa in carico di un quarto ragazzino che dovrà trovare ospitalità in una struttura protetta entro l’estate. «Ai Comuni converrebbe molto di più incentivare servizi come la domiciliare scolastica o gli affidi familiari che mettere a bilancio più o meno tremila euro al mese per ogni caso di accoglimento in struttura. E se per questo aspetto l’associata minori ci dà una grossa mano, si aggiunge un altro problema sempre di ordine sociale: quello dell’integrazione delle rette alberghiere degli anziani accolti in casa di riposo che percepiscono pensioni, per la stragrande maggioranza dei casi, sotto i mille euro».
Non bastasse questo, oltre agli oltre duecento euro mensili di media che il Comune eroga per integrare la quota degli anziani incapienti, ci si mette pure l’Imu. Che dovrebbe essere un tesoretto ritrovato per gli enti locali, tolta l’aliquota che si prende lo Stato, ma che invece rischia di trasformarsi in un boomerang, con effetti ancora da valutare. Lo dice, il sindaco Curto: «Pagano l’Imu anche gli anziani proprietari di edifici che però sono accolti nelle case di riposo. Il paradosso è che già il Comune integra la retta e adesso si ritrova fra capo e collo anche il problema, non solo di non poter incamerare nulla, ma anche di dover corrispondere la quota di spettanza allo Stato».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi